In pericolo le nocciole “made in Italy” e a rischio la salute dei consumatori. Nonostante la contrarietà dell’Italia - primo paese europeo produttore di nocciole (81% della produzione) e secondo nel mondo dopo la Turchia - è stata approvata in sede comunitaria (da parte del Comitato permanente per la catena alimentare europea presso la Dg Sanco del 15 ottobre) la proposta di innalzare i livelli massimi di aflatossine nella frutta a guscio. E se tale decisione venisse confermata anche dal parere del Parlamento europeo, la modifica del Regolamento Ce 1881 del 2006 porterebbe ad un aumento del tetto massimo di aflatossine totali fino a 10 ug/kg (al posto dei 4 attuali) per la frutta a guscio pronta da mangiare e addirittura a 15 ug/kg per quella soggetta ad ulteriore trasformazione.
 
A sottolinearlo è la Cia - Confederazione italiana agricoltori fortemente preoccupata per una misura che avrebbe effetti devastanti per la nostra produzione di frutta in guscio e aprire ulteriormente le porte all’import dalla Turchia di prodotti che hanno problemi di contaminazione da aflatossine.
La motivazione degli uffici della Commissione - avverte la Cia - è stata quella di una necessità di adeguamento ai valori massimi previsti dal Codex Alimentarius, nei confronti del mercato mondiale, ma va rilevato come questa richiesta alla Commissione europea fosse stata già avanzata da tempo dal governo turco per poter aumentare le proprie esportazioni verso l’Europa.

La Cia ricorda che le aflatossine sono le micotossine più pericolose per la salute umana ed animale e il loro controllo negli alimenti dovrebbe essere molto più ampio e rigoroso, dato che queste vengono facilmente prodotte da alcune specie di funghi che si sviluppano sovente sia in campo che nei magazzini.
Le nocciole turche sono oggetto di importazioni massicce (1/3 del mercato italiano), nonostante il contenuto di aflatossine sia spesso più alto dei limiti comunitari. Invece di aumentare i controlli, si va nella direzione opposta, ovvero, con questo innalzamento dei limiti massimi, si dà il via libera - sostiene la Cia -  ad un import ancora più aggressivo da parte della Turchia che potrebbe significare la chiusura delle nostre aziende produttrici.