La prossima approvazione del testo della manovra in commissione Bilancio del Senato, rischia di sancire per il settore delle nuove rinnovabili, e per il Paese, un enorme danno. La decisione di penalizzare solo alcune tecnologie del settore delle rinnovabili, e peraltro quelle con le maggiori potenzialità, sembra essere una scelta discriminatoria e ingiustamente penalizzante per una piccola parte del settore più efficiente del comparto delle Fer - Fonti di energia rinnovabile.
Infatti l’aver introdotto con l’Art. 45 l’abrogazione del meccanismo di salvaguardia del sistema di sostegno allo sviluppo del settore delle fonti rinnovabili, meccanismo delegato al Gse per il mantenimento dell’equilibrio di mercato tra domanda e offerta dei certificati verdi, se mantenuto penalizzerà in maniera drammatica il Paese per occupazione e penalità comunitarie, le aziende italiane del comparto che sono moltissime (l’Italia nell’eolico è diventata negli ultimi anni esportatrice di tecnologia e componentistica) e i cittadini per i mancati benefici occupazionali e ambientali connessi.
Questo peraltro avviene in un momento storico in cui l’economia è in recessione, fatti salvi proprio quei settori, come la produzione di energia a basso impatto ambientale qual è l’eolico, nel mondo continuano a crescere riducendo i danni della crisi economica.
Il tutto peraltro a fronte di un supposto beneficio per le casse pubbliche che semplicemente non esiste, infatti tale onere o beneficio viene inserito o levato dalla componente A3 della bolletta elettrica.
Per chiarire meglio l’abbaglio che il Governo sta per prendere sul tema, la componente A3 della bolletta “vale” 2,5 miliardi di euro all’anno dei quali 1,5 miliardi sono afferenti al CIP6/92 (meccanismo che incentiva le fonti “assimilate alle rinnovabili” quali gli scarti della raffinazione del petrolio per la quasi totalità), mentre il restante incentiva le vere fonti rinnovabili, di questo totale complessivo l’onere di “contribuire” alla manovra per circa 500 milioni di euro viene chiesto solo alle rinnovabili (non si capisce perché visto che sono la parte minore della componente) e peraltro solo ad una parte di queste, vengono escluse alcune tecnologie delle vecchie rinnovabili e tutto il fotovoltaico.
In questo quadro quindi non solo si sbaglia chiedendo ad un settore privato di contribuire alla riduzione della spesa pubblica con un “espropriazione coattiva della proprietà e degli investimenti” in stile illiberale a non di mercato, ma addirittura si arriva a colpire solo le vere fonti rinnovabili lasciando gli altri comparti più pesanti liberi da ogni gravame, e si ipotizza un prelievo nelle tasche delle aziende italiane del settore che comporta come saldo un risultato negativo per oltre 8 miliardi di euro, senza considerare le salatissime penalità comunitarie per l’inadempimento degli obiettivi assunti, come calcolato nella tabella allegata per mancate entrate fiscali al 2020 sulla base dei dati del ministero dello Sviluppo economico.
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