La patata di Starleggia che rischiava di essere irrimediabilmente persa viene scoperta e reintrodotta alla filiera pataticola delle montagne lombarde, suo territorio d'origine, in un'ottica di valorizzazione e tutela della biodiversità locale grazie al progetto Resilient - Buone pratiche per la salvaguardia e la coltivazione di varietà locali lombarde tradizionali di patata e mais in aree interne.
Un ecotipo locale da preservare
Rispetto alle varietà commerciali che siamo abituati a consumare questo ecotipo locale ha un fenotipo, ovvero caratteristiche esterne, particolare: è costituito da tuberi bianchi o rossi, di piccole dimensioni e ricchi di amido.
Daniela Pacifico, Wp leader e ricercatrice del progetto per il Crea, spiega: "Prima del nostro intervento presentavano peculiarità anche nella forma, a causa del decadimento virale a cui erano soggette, aspetto che comunque abbiamo risolto grazie al risanamento compiuto nell'ambito del progetto".
Inoltre, questi tuberi avrebbero, secondo gli studi, una qualità nutrizionale migliore: "Il profilo nutrizionale di questi ecotipi è ancora oggi oggetto di studio per noi. Non vi è alcun dubbio che però questi ecotipi, se coltivati nelle aree di montagna, mostrino caratteristiche nutrizionali di grande interesse su cui però ancora non possiamo sbilanciarci, essendo ancora una ricerca in itinere. Speriamo di poter pubblicare presto i risultati del nostro studio" continua Pacifico.
Infatti, il passaggio più difficile in questa attività è stato proprio il risanamento, ovvero l'ottenimento di tuberi che fossero privi delle fitovirosi accumulatesi in decenni di moltiplicazioni, operate in loco dagli agricoltori del luogo.
Su come questa cultivar sia stata, per la prima volta, introdotta in Lombardia non si hanno fonti certe, le prime testimonianze sicure sul suo utilizzo però risalgono al 1777 e si pensa che la patata fu importata dalla Svizzera alla Lombardia.
"Le prime testimonianze invece relative nello specifico alla Patata di Starleggia - afferma Pacifico - sono però molto più recenti: nel 1822, lo svizzero Karl Kasthofer (membro della Société Royale d'Agricolture de France) narra la raccolta di patate nella zona di Madesimo (Valle San Giacomo). Non si hanno riferimenti precisi che fosse in effetti la patata di Starleggia. Solo in tempi recenti la memoria storica degli anziani di Starleggia (Chiavenna, Sondrio) ha permesso di riscoprire questi ecotipi (Bianca e Rossa di Starleggia).
Per decenni la gente del luogo ha moltiplicato in loco questi ecotipi e solo qualche anno fa li ha donati all'Associazione della Patata di Starleggia per poi avviare il processo di recupero e risanamento che ci ha coinvolto".
Pacifico infine introduce gli effetti positivi che porterebbe la riscoperta di queste varietà:
"La riscoperta delle cultivar tradizionali lombarde non solo consente la valorizzazione di aree di montagna sempre più spesso vittime dello spopolamento, ma fornisce prodotti agricoli a forte valenza territoriale e caratterizzati da un'alta qualità organolettica e nutrizionale".
Il progetto
Cofinanziato nell'ambito del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 della Regione Lombardia, il progetto nasce dalla collaborazione tra l'Università di Pavia, capofila del progetto, il Crea Cerealicoltura e Colture Industriali, sede di Bologna, l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e la Comunità Montana della Valchiavenna.
L'obiettivo comune è quello di recuperare e risanare cultivar antiche di patata e fornire agli agricoltori che operano in aree interne di montagna e in aree protette naturali, le informazioni e gli strumenti conoscitivi sulle buone pratiche di ricoltivazione.
Infatti, nella pataticoltura è importante usare semi di adeguata qualità fitosanitaria ma i pataticoltori spesso sottovalutano l'importanza di usare tubero-seme certificato, pertanto, una delle finalità del progetto è stata proprio quella di aumentare la consapevolezza che l'utilizzo di tubero-seme sano, ad esempio a bassissima infezione virale, significa maggiore resa ad ettaro e quindi maggiore guadagno per l'azienda agricola.
Le finalità del progetto sono state presentate il 10 settembre 2022 presso la sede della comunità montana della Valchiavenna (Sondrio). Il convegno, in cui i partner scientifici del progetto hanno illustrato esperienze, risultati e casi studio, ha previsto anche la visita ai campi dimostrativi dove si sta completando il reinserimento di questa varietà.
Prospettive future
Questo progetto pilota avrà un'immediata ricaduta economica sul territorio e darà impulso al ripristino di territori ormai abbandonati, che verranno destinati alla coltivazione di ecotipi quasi "estinti".
Inoltre, la definizione di protocolli di risanamento e di verifica della possibile propagazione in loco di tuberi sani, definisce un processo applicabile in futuro ad altri ecotipi italiani che potrebbero essere reintrodotti e avviati alla produzione, valorizzando così la loro tipicità geografica.
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Fonte: Crea - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria