È nelle campagne venete che le cinque sorelle Tovo, hanno “dato alla luce” il loro riso Carnaroli Meracinque grazie a tecniche agricole sostenibili e allo sviluppo ed applicazione di un’agricoltura di precisione caratterizzata da lavorazioni e semine che incontrano punto per punto le caratteristiche fisiche e chimiche dei terreni degli appezzamenti di proprietà.
Le 5 sorelle Tovo dall'azienda agricola Borgo Libero (VR) produttrici del riso Carnaroli Meracinque.
(Fonte foto: © Il Nuovo Agricoltore)
La loro produzione destinata come detto, a una nicchia di consumatori (ristoranti, gastronomie e negozi specializzati in prodotti gourmet di alta qualità), è caratterizzata da una cura assoluta della materia prima e da sistemi di coltivazione non convenzionali. La difesa dai parassiti è demandata ad una gestione naturale, basata sulla tecnologia EM che mescola diversi microrganismi e prodotti naturali per favorire il rafforzamento del sistema immunitario delle piante di riso, proteggendole già dalle prime fasi di crescita. In secondo luogo l’applicazione dei principi dell’agricoltura 4.0 di precisione consente loro di evitare sprechi e di rispettare al massimo la produzione del chicco di riso. Per fare ciò si è reso indispensabile l’utilizzo di tecnologie atte alla mappatura dei suoli che consentono di individuare le proprietà biofisiche e chimiche del terreno in cui svolgere la lavorazione permettendo di stabilire con moltissima precisione sia le dosi dei fertilizzanti sia quelle di seme. Questo principio alla base dell’agricoltura di precisione consente di generare una produzione omogenea in tutte le aree del campo coltivato.
Per la semina e la concimazione dei terreni secondo questi principi, ci si è avvalso di attrezzature tecnologicamente avanzate come lo spandiconcime con controllo intelligente Kverneland Geospread TL che regola automaticamente le larghezze di lavoro, minimizzando le sovrapposizioni e gestendo il lavoro in maniera efficiente in tutte le condizioni di campo. Semina e concimazione sono state realizzate a dose variabile sulla base del risultato delle mappe del suolo per riuscire ad assecondare le diverse caratteristiche del terreno e garantire così situazioni omogenee.
I risultati già nel primo anno del progetto, non si sono fatti attendere. 70 quintali all’ettaro “al secco” senza avvalersi di lavorazioni e semine tradizionali, indicano che grazie a idee nuove, professionalità e dinamismo è possibile vincere anche contro cali di prezzo e difficoltà del settore.
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Articolo tratto da: Il Nuovo Agricoltore
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Fonte: © Il Nuovo Agricoltore