Costi di produzione più bassi nel bacino Nord e una migliore resa agricola media nel bacino Sud, al netto di evidenti differenze strutturali in termini di dimensioni delle aziende agricole e caratteristiche dei terreni di coltivazione. Ecco quanto emerge dall'analisi economica del processo produttivo agricolo del pomodoro da industria effettuata dal Crea, il principale ente di ricerca italiano dedicato alle filiere agroalimentari vigilato dal Masaf, Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, per conto dell'Anicav, Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali.

 

Un'analisi dettagliata che ha fornito il 24 novembre scorso a Napoli gli spunti necessari ad animare il dibattito nell'ambito dell'annuale assemblea pubblica, "Il Filo Rosso del Pomodoro", organizzata dall'Anicav. I principali protagonisti del mondo industriale, della cooperazione e del mondo agricolo si sono confrontati sui risultati dello studio del Crea e sulle possibili soluzioni da mettere in atto per tutelare e valorizzare la filiera del pomodoro da industria, uno dei fiori all'occhiello dell'agroalimentare made in Italy.

 

"Il contesto socioeconomico in cui viviamo e lavoriamo è particolarmente difficile, ed è quantomai necessario avere una visione comune - ha dichiarato Marco Serafini, presidente di Anicav -. Solo una filiera compatta ed efficiente potrà garantire nel lungo periodo le condizioni per la sopravvivenza e la competitività dell'intero sistema. Ci troviamo, ormai, ad operare in un contesto sempre più globalizzato: la specificità che, da sempre, ci ha contraddistinto rispetto ai nostri competitor internazionali non è più sufficiente a tutelare i nostri prodotti, per cui diventa indispensabile un dialogo di filiera che possa sostenere le nostre produzioni e renderle competitive sui mercati. Serve unire gli sforzi di chi coltiva e di chi trasforma per creare valore lungo tutta la filiera".

 

Serafini ha messo in luce che l'ultima campagna è stata piuttosto sofferta per il mancato accordo al Sud sul prezzo medio di riferimento. Dove si è arrivati a 200 euro a tonnellata. Mentre al Nord si è siglato l'accordo sul prezzo medio di riferimento più alto al mondo. "Le nostre aziende hanno subito un aumento dei costi della materia prima difficile da sostenere" ha sottolineato il presidente di Anicav.

 

E sull'esigenza di trovare nuove leve per incrementare la competitività ha detto: "Come Anicav insieme alle Oi abbiamo chiesto al ministro Francesco Lollobrigida di accelerare sulla tracciabilità di filiera del pomodoro, utilizzando le tecniche messe a punto dalla Stazione Sperimentale per l'Industria Conserviera di Angri, che individuano la provenienza dei prodotti grazie ai minerali presenti nel terreno, così da rendere le nostre produzioni inimitabili dalla concorrenza estera".

 

"Occorre un rinnovato rapporto di filiera, nell'interesse di tutti. Lo studio del Crea offre degli spunti interessanti da cui possiamo partire per ragionare insieme su come migliorare il sistema - ha affermato Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav -. Attraverso un confronto costruttivo con le organizzazioni professionali agricole e le loro unioni, si dovrà trovare il modo per agire secondo logiche di mercato, programmare, dare più efficacia ai contratti, favorire l'aggregazione e, soprattutto, promuovere la ricerca e la sperimentazione per ridurre i costi di produzione delle imprese agricole, migliorarne le rese e ricercare le varietà più idonee alla trasformazione. Questa è, secondo noi, la strada da seguire. Il nostro obiettivo non è quello di ricercare colpevoli, ma soluzioni che ci consentano di superare insieme le critici".

 

La ricerca del Crea sui costi

Lo studio - presentato a Napoli da Roberta Ciaravino del Crea - ha analizzato nel dettaglio gli aspetti economici legati alla produzione del pomodoro da industria nei due distretti produttivi (Nord e Sud), attraverso l'utilizzo dei dati Istat, di questionari e interviste agli stakeholder e delle informazioni presenti nella banca dati Rica (Rete di Informazione Contabile Agricola). Nello specifico, l'analisi delle caratteristiche strutturali e dei costi di produzione del campione si focalizza sui due distretti produttivi per un totale di 552 aziende che hanno coltivato pomodoro nel triennio 2019-2021.

 

Le prime differenze tra i due bacini produttivi riguardano le dimensioni economiche. Nel bacino Nord il 95% delle aziende che coltivano pomodoro sono grandi e medio grandi (con un fatturato da 100mila ad oltre 500mila euro), mentre nel bacino Sud questa percentuale scende al 64%. Per quanto riguarda il titolo di possesso delle superfici messe a coltura, nel bacino Nord prevale l'affitto (in quasi il 60% dei casi), viceversa al Sud c'è una prevalenza della proprietà (quasi il 50% contro il 44% in affitto). Differenze anche in termini di volumi di produzione: nel distretto Nord si rileva una distribuzione piuttosto omogenea tra le diverse classi di produzione, da meno di 500 a oltre 3mila tonnellate di prodotto. Nel bacino Sud prevalgono nettamente (oltre il 65%) le aziende che producono meno di 500 tonnellate di prodotto.

 

Notevoli differenze anche per quanto riguarda la resa e i costi di produzione. In media, nel bacino Sud la resa è significativamente migliore rispetto al bacino Nord: 878 quintali ad ettaro del Sud contro i 696 quintali ad ettaro del Nord. Inoltre, al Nord si registra una certa uniformità delle rese, mentre al Sud è presente un'alta variabilità, segno evidente che nel primo caso è attivo un processo di standardizzazione dei modelli produttivi, mentre nel secondo c'è una forte diversificazione.

 

Relativamente alla ripartizione dei costi di produzione il quadro è abbastanza omogeneo e le varie voci hanno più o meno lo stesso peso nel conto finale. La maggiore incidenza è relativa al costo del lavoro (27% al nord e 29% al Sud), al costo lavoro macchine (14% al nord e 17% al Sud) e all'acquisto di sementi (14% al Nord e 15% al Sud).

 

Al di là dell'incidenza, quello che desta particolare attenzione è la differenza che si registra su determinate voci di costo, molto più alte al Sud che al Nord. Nel distretto Sud, infatti, il costo di acquisto di sementi e piantine segna un +48% rispetto al Nord, mentre i costi di acquisto e utilizzo di agrofarmaci per la difesa delle colture registrano un +59%. Da evidenziare il costo delle risorse idriche superiore addirittura del 71%. Al sud più elevati anche i costi delle macchine (+68%) per il maggior ricorso al contoterzismo, così come il costo del lavoro (+58%) legato al maggiore fabbisogno di personale per la tipologia di raccolta in bins.

 

In conclusione, dall'analisi emerge con chiarezza che le aziende agricole del bacino Sud, a causa della dimensione fisica ed economica ridotta, non riescono ad implementare economie di scala e, conseguentemente, hanno maggiori difficoltà a intervenire su alcune delle principali voci di costo. Allo stesso tempo, nel bacino Sud le rese medie per ettari messi a coltura sono significativamente superiori rispetto a quanto non accada nel bacino Nord.

 

Dalla tavola rotonda le indicazioni per i nuovi rapporti di filiera

Gennaro Velardo, presidente Italia Ortofrutta, sul come svoltare al Sud ha detto: "Oggi anche nel Sud Italia la raccolta meccanica è al 90% se non di più, ma costa più che al nord, per via delle dimensioni aziendali ridotte delle aziende. Si possono abbattere i costi con l'uso in comune delle attrezzature e dei mezzi, questo significa rivolgere un appello alle Op che sono sul territorio".

 

Velardo ha anche sottolineato come "È importante una collaborazione maggiore tra parte agricola, parte industriale e mondo della ricerca: per troppo tempo le informazioni non sono passate. Tutto questo deve migliorare".

 

Dal punto di vista più strettamente organizzativo Velardo ha osservato. "L'Organismo Interprofessionale è diventato il parafulmine di tutto quello che non va. Secondo me non andremo oltre quel che è già oggi l'Oi. Tutto questo avviene per la volontà di entrambe le parti. Dico ai miei amici del Sud, facciamo una scelta: o ci stiamo o non ci stiamo, ma non possiamo andare avanti senza Oi".

 

Per Pasquale D'Acunzi - vicepresidente Anicav "Le differenze dimensionali hanno una loro valenza sempre perché condizionano le economie di scala. Noi però siamo nella posizione in cui vogliamo costruire un progetto di filiera, tenendo insieme vari attori dalla produzione al consumo. La filiera non è un portiere e un attaccante, è una squadra. Dentro abbiamo centri di ricerca, indotto, le istituzioni. La filiera non è solo verticale, ma è anche orizzontale".

 

D'Acunzi ha concluso: "Sono ottimista sul fatto che questa nuova fase possa iniziare tra di noi, perché nonostante le difficoltà di questo Sud, questo è un Sud che mantiene il pezzo e che mantiene la barra dritta, che fa esportazione e che fa parlare di pomodoro nel mondo. Serve mantenere l'identità dei nostri prodotti".

 

Per Cristiano Fini, presidente di Cia, in relazione ai problemi idrici ha detto: "Servono grandi invasi per l'acqua, va fatto, è una priorità: servono a laminare acqua quando c'è e a conservarla per quando manca". Sulla gestione del rischio Fini ha sottolineato: "per il settore è fondamentale, abbiamo chiesto al ministro un intervento per evitare che per le polizze agevolate si paghi quest'anno il 40%, non arriveranno a coprire il 70% dei costi, ma al Masaf si sono messi alla ricerca di nuovi fondi". E poi sulla fallita trattativa al Sud: "Occorre un tavolo dell'interprofessione che va migliorato soprattutto nel tavolo del Sud, con regole più chiare, anche mettendo dentro un messaggio diverso su qualità del prodotto e sostenibilità sociale".

 

"L'Organismo interprofessionale al Sud soffre - ha concluso Fini - perché ne fanno parte molti soggetti e soffre anche per la scarsa partecipazione delle organizzazioni agricole, ma ritengo che una presenza maggiore delle organizzazioni possa agevolare quella migliore programmazione di filiera che oggi tutti chiediamo".

 

Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura ha detto: "Riusciremo a vincere la sfida ambientale in agricoltura sull'ottimizzazione delle risorse idriche, se vogliamo competere però dobbiamo incidere sui costi del credito e dell'energia, come già fatto dalle filiere energivore in Germania in questi ultimi giorni".

 

Per Bruna Saviotti, coordinatrice del Comitato territoriale Nord di Anicav "Per quanto riguarda le aziende di trasformazione occorre ricercare nuove soluzioni per abbattere i costi, il riciclaggio si impone anche per una questione di carattere ambientale ma è anche contenimento di costi, così pure la digitalizzazione ci offre la possibilità di abbattere costi ed offrire al consumatore maggiore trasparenza con la tracciabilità dalla serra allo scaffale".

 

La Saviotti infine ha aggiunto: "Occorre fare ricerca genetica. L'industria ha sperimentato fino ad oggi quello che esisteva, è giunta l'ora che l'industria chieda alla ricerca di cosa ha bisogno. La resa industriale in altri Paesi è maggiore della nostra, significa che in questo contesto di produzione molto alta, dobbiamo inventare nuovi prodotti e nuove cose, ma con l'aiuto della ricerca genetica. Fino ad oggi abbiamo parlato molto di prezzi e poco di progetti, questo va invertito come ordine di priorità, il prezzo deve diventare una conseguenza".