Se il Green Deal Europeo vuole arrivare alla neutralità climatica nel 2050 - con importanti obiettivi intermedi al 2030 (quindi "domani") - bisognerà rimboccarsi le maniche. E allo stesso tempo non fare errori nell'ansia di centrare l'obiettivo.
In Italia per centrare l'obiettivo bisognerà arrivare a circa 64 gigawatt di energia fotovoltaica prodotta entro il 2030, quindi quasi triplicare la attuale produzione (22,6 gw a fine 2021 - dati Gse). Questo può essere fatto coprendo con fotovoltaico tutte le strutture possibili: parliamo delle migliaia di ettari di capannoni (produttivi e non) che caratterizzano il paesaggio di tante aree del paese altamente industrializzate e antropizzate.
Poi bisognerà forzatamente ricorrere l'agrivoltaico, ovvero a sistemi che affiancano la produzione agricola con quella di energia elettrica.
Sappiamo che il fotovoltaico agricolo è destinatario di notevoli risorse previste nel Pnrr: 2,6 miliardi di euro di cui 1,5 miliardi destinati a "parchi agrisolari", la maggior parte di questi (1,1 miliardi) propriamente ad agrivoltaico. In questo caso il Pnrr prevede: "l'implementazione di sistemi ibridi agricoltura - produzione di energia che non compromettano l'utilizzo dei terreni dedicati all'agricoltura, ma contribuiscano alla sostenibilità ambientale ed economica delle aziende coinvolte…".
Il problema è che l'Italia è, Deo Gratia, caratterizzata da paesaggi incantevoli (che devono essere assolutamente preservati) e che una cattiva gestione causerebbe danni inenarrabili a tutta la comunità nazionale, in primis ai produttori agricoli. Iniziative come quelle dell'Enea (Ente Nazionale per le Energie Alternative) riguardanti il fotovoltaico sostenibile possono contribuire a definire i criteri e a evitare sia dannose speculazioni sia eccessi burocratici sulle autorizzazioni. Il grosso delle iniziative si potrebbe però ubicare nei cosiddetti terreni marginali.
Le statistiche ci dicono che circa 3,5 milioni di terreno sono incolti e inattivi. Una parte di questi terreni sono prospicienti a strade e ferrovie e altre strutture logistiche e produttive, altri incuneati fra aree urbane e periurbane industriali poi cave, miniere a cielo aperto, discariche…. In alcuni di questi terreni si potrebbe far tornare l'agricoltura affiancata al fotovoltaico. Parliamo per esempio delle coltivazione di biomasse adatte, per esempio, alla biodigestione (quindi cogenerazione elettrica) o ancora per le bioraffinerie (per la produzione di bioplastiche, etanolo etc,). Si potrebbe quindi affiancare la produzione fotovoltaica con la produzione di biomasse e in alcuni casi addirittura operare un recupero paesaggistico di aree degradate. E vi sarebbe poi un ulteriore possibilità: recuperare la salute dei suoli, che, come sappiamo, sono la vera "spugna" per l'anidride carbonica.
Operazione Win Win.