Il tributo di bonifica si deve pagare, ma solo se c’è un beneficio effettivo per il contribuente, derivante dall’attività di bonifica.
E’ questo il principio fissato recentemente dalla Corte Costituzionale che, esprimendosi in materia di Consorzi di bonifica, ha ribadito un importante criterio – quello settoriale - del sistema tributario in base al quale l’assoggettabilità a contribuzione consortile presuppone il beneficio derivato all’immobile dall’attività di bonifica. Non solo: eventuali spese per il conseguimento dei fini istituzionali sostenute dal Consorzio di bonifica, in sé indipendenti dal beneficio del contribuente, sono recuperabili sotto la forma del tributo di bonifica, ma solo se inscindibilmente legate al beneficio e alla quota di tributo pagate come corrispettivo.

Tanto giunge a conferma che per la Corte costituzionale i tributi di bonifica – sul piano giuridico – sono da intendersi come tasse, come tali legate logicamente ad un corrispettivo se pur mediato in termini di servizio, che deve essere fornito al contribuente da parte del soggetto che le esige, e non come imposte, legate invece ad una particolare qualità dell’azione del contribuente.
 

Il contenuto della sentenza  188/2018 della Corte costituzionale

La pronuncia della Consulta  - sentenza n. 188 del 10 ottobre 2018 - ha avuto origine da una ordinanza della Commissione tributaria provinciale di Cosenza del 12 giugno 2017, con la quale veniva sollevata la questione incidentale di legittimità costituzionale dell’articolo 23, comma 1, lettera a), della legge della Regione Calabria n. 11 del 2003, contenente la disciplina regionale dei Consorzi di bonifica e irrigazione, che prevedeva che il contributo consortile di bonifica, quanto alle spese per il conseguimento dei fini istituzionali, fosse dovuto “indipendentemente dal beneficio fondiario”, per contrasto con il secondo comma dell’articolo 119 della Costituzione della Repubblica italiana. La norma costituzionale assunta violata è quella che impone alle regioni di concorrere alla legislazione fiscale “in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”.

La Corte ha stabilito: “Nel caso dei contributi consortili di bonifica, il beneficio per il consorziato-contribuente deve necessariamente sussistere per legittimare l’imposizione; esso però consiste non solo nella fruizione, ma anche nella fruibilità, comunque concreta e non già meramente astratta, dell’attività di bonifica che, in ragione del miglioramento che deriva all’immobile del consorziato, assicura la capacità contributiva che giustifica l’imposizione”.

Pertanto, l’articolo 23, comma 1, lettera b) della legge calabrese, invece, resta in vigore, perché è quello che fissa, invece, il principio del “beneficio” del contribuente, che quale corrispettivo deve il tributo di bonifica, come meglio illustrato dall’articolo 24, comma 2, della legge regionale, secondo il quale il piano di classifica individua i “benefici diretti, indiretti e potenziali, derivanti dall’attività di bonifica agli immobili ricadenti nel comprensorio del Consorzio; beneficio che dimensiona gli indici di contribuenza di ciascun immobile.

In particolare, la sentenza della Consulta – che ripercorre tutta la giurisprudenza costituzionale sui Consorzi di Bonifica, e che conferma la natura tributaria dei contributi di bonifica rileva: "Però, solo ove risultasse l’unitarietà del contributo consortile dell’articolo. 23, benché suddiviso – ma in modo inscindibile – in una quota di cui alla lettera a) e in una quota di cui alla lettera b) del comma 1, allora il presupposto del beneficio, espressamente previsto solo nella lettera b), condizionerebbe nel complesso la debenza del contributo stesso e quindi anche la obbligatorietà della quota a). Ma nella fattispecie in esame – per come la norma “vive” nell’ordinamento regionale – la quota a) del contributo consortile, di cui al comma 1 dell’art. 23, non è inscindibilmente collegata alla quota b) del medesimo comma 1”.

Tanto è vero, che la Corte Costituzionale riferisce in sentenza del decreto del Presidente della Regione Calabria 12 febbraio 2010 - istitutivo del Consorzio di bonifica integrale dei bacini meridionali del Cosentino, al quale è riferibile la cartella di pagamento impugnata nel giudizio, dove si è previsto, all’articolo 3, comma 2, che il perimetro di contribuzione per la riscossione dei ruoli relativi al nuovo Consorzio ed “emessi ai sensi dell’articolo 23, comma 1, lettera a), della legge reg. Calabria n. 11 del 2003 per i soli fini istituzionali, coincide con il perimetro del neoistituito Consorzio”.

In pratica, secondo la Consulta, la norma di legge impugnata consente una iniqua equiparazione tra il ricadere dell’immobile nel perimetro consortile e l’inserimento di questo nel piano di classifica, compiendo di fatto la scissione tra il presupposto impositivo della quota del tributo dovuta per fini istituzionali e quella dovuta per i benefici ricevuti dal contribuente. Così la Corte costituzionale ha  dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma, nella parte in cui prevede che il contributo consortile di bonifica, quanto alle spese afferenti il conseguimento dei fini istituzionali dei Consorzi, è dovuto "indipendentemente dal beneficio fondiario" invece che “in presenza del beneficio”.
 

Il commento di Confagricoltura Taranto

Su questa sentenza è intervenuta Confagricoltura Taranto, per la quale si tratta della “pietra tombale” su un’annosa vicenda, attorno alla quale si era sviluppato un cospicuo contenzioso: “La Corte – spiega il presidente Luca Lazzàroha sancito in modo inequivocabile quanto andavamo sostenendo da anni e cioè che non si poteva chiedere alle nostre aziende ricadenti nel perimetro dei consorzi di pagare un tributo di bonifica dal quale non ricevevano alcun beneficio. Il nesso beneficio-tributo è ora scolpito in una sentenza di cui anche il legislatore regionale pugliese, che sta rimettendo mano alla riforma in questi giorni, dovrà assolutamente tener conto”.

Per il direttore di Confagricoltura Taranto, Carmine Palma, “la Corte Costituzionale ha offerto a tanti agricoltori un principio cardine che ha forza costituzionale. Potranno opporsi, così, a qualsiasi imposizione di quote di partecipazione al costo delle opere di bonifica disancorati dal beneficio concreto derivante che, in sostanza, è la misura che giustifica l’imposizione e dimensiona gli indici di contribuenza”.
 

Le possibili conseguenze pratiche della sentenza 

E’ innegabile - anche visto il tenore delle dichiarazioni di Confagricoltura Taranto - che, al di là del principio fissato dalla Consulta, nelle fattispecie concrete, saranno possibili ora molti ricorsi motivati contro le cartelle esattoriali dei Consorzi di bonifica, a cominciare da quelle pure emesse sulla base di piani di classifica in vigore, ma non compensate da reali benefici di bonifica, magari esistenti solo “sulla carta”, a causa dell’abbandono delle opere di bonifica da parte degli enti.

Questi atteggiamenti, per altro molto comuni nei consorzi, soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia, se duraturi e gravidi di negativi effetti sulle infrastrutture, determinano infatti quantomeno l’attenuarsi di quel beneficio che è il presupposto giuridico della tassazione consortile. Ai contribuenti vessati resta solo l'onere della prova da rendere in giudizio sulla mancanza o sul deficit di beneficio rispetto al tributo di bonifica, poiché ogni pregiudiziale di natura giuridica risulta oggettivamente demolita dalla sentenza della Consulta.