Il grano duro fino di produzione italiana è da settimane la commodity agricola più favorita dai fattori che di norma influenzano i mercati, eppure le quotazioni all’ingrosso sulla principale piazza del centro Sud Italia – Foggiacontinuano a calare, toccando ieri, 18 aprile 2018, sui valori massimi i 215 euro alla tonnellata, 3 euro in meno della seduta precedente e paria ad  un secco - 10,42% rispetto ai valori massimi raggiunti sull’ultima mietitura il 30 agosto 2017. E il 16 aprile 2018 la Borsa merci telematica ha reso noto il dato di sintesi nazionale dell’andamento del prezzo all’ingrosso del cereale pastificabile: “Nel mercato dei grani, dopo il ribasso mensile del 2% osservato a febbraio, i prezzi del grano duro (fino) hanno registrato un ulteriore calo in marzo (-1,5%)”.

Ma in ordine di tempo, sono molte le sollecitazione rialziste giunte dai mercati: prima la diminuzione delle importazioni di grano duro, rilanciate da Bmti su dati della Commissione Ue, poi la notizia delle previsioni al ribasso per il raccolto mondiale di grano del 2019 data dall'International grains council, infine la conferma che un grande player come Barilla rinuncia all’acquisto di grano duro canadese. Ma i prezzi di mercato continuano la discesa.
 

Prezzi all'ingrosso ancora giù

Ieri, 18 aprile 2018, dall’Osservatorio prezzi della Camera di commercio di Foggia arriva la conferma che la fase di stasi dei prezzi è finita: il cereale pastificabile - alle condizion di "franco partenza luogo di stoccaggio" - è passato di mano ad un prezzo minimo di 210,00 euro alla tonnellata ed a 215,00 euro di prezzo massimo. Il che significa una perdita secca di 3 euro/tonnellata sui valori stabiliti appena una settimana prima sulla stessa piazza, con quotazioni sui valori minimi di 213,00 euro e  218,00 sui massimi.

Dal 28 febbraio al 4 aprile 2018 a Foggia, in sette sedute tutte improntate alla calma, si era confermata per oltre un mese la fase di stabilità dei prezzi all'ingrosso del cereale pastificabile, fermo su 219 euro la tonnellata sui valori massimi e 214 sui minimi. Poi l’11 aprile il primo cedimento: un euro in meno sia sui minimi che sui massimi.
Con i prezzi registrati ieri, la perdita di valore all'ingrosso sui 240 euro/tonnellata sui massimi - raggiunti lo scorso 30 agosto - svetta a 25 euro, pari al -10,42%.
 

Prezzi all'origine fermi da fine febbraio

In compenso, l’ultima rilevazione Ismea a Foggia- che risale però all’11 aprile 2018 - restituisce un prezzo medio all’origine - alle condizioni di "franco magazzino - partenza" - di 212,50 euro alla tonnellata. Tale prezzo medio è rimasto inchiodato dal 28 febbraio 2018, data nella quale sulla medesima piazza, il cereale pastificabile alle stesse condizioni era invece risultato in calo del 2,29% rispetto ai 217,5 euro registrati il 7 febbraio. Stando alle rilevazioni Ismea dell’11 aprile 2018, rispetto al 29 agosto 2017, quando il prezzo della nuova mietitura all'origine era di 232,5 euro alla tonnellata, si riscontra una perdita dell'8,60%.
 

Cronologia dei fattori di mercato positivi

Eppure per il grano duro fino nazionale non mancano le buone notizie, eccole, tutte in ordine di tempo.

13 febbraio 2018 - La Borsa merci telematica italiana annuncia che i prezzi del grano duro fino sono stabili a gennaio e riferisce: “L’attuale annata 2017/18 si è invece caratterizzata sinora per un minor ricorso dell’Italia agli acquisti di grano duro da paesi extra Ue. Tra luglio 2017 e gennaio 2018 l’analisi dei dati della Direzione generale Agri della Commissione europea mostra che l’import è stato pari a circa 760mila tonnellate, in calo del 10% su base annua. Un risultato che si spiega con la drastica riduzione degli acquisti effettuati fuori dai confini comunitari (Canada in primis) osservata a dicembre (-88% su base annua) e gennaio (-87%)”. A tale rilevazione si accompagna la previsione Istat per una diminuzione delle superfici seminate in Italia.

22 marzo 2018 - L'International grains council pubblica le stime preliminari sul raccolto globale di frumento per la campagna 2018-2019, prevedendo una produzione complessiva di 740,8 milioni di tonnellate, valore nettamente inferiore rispetto alle 757,7 milioni di tonnellate della campagna 2017-2018.

Metà di aprile 2018 - Emilio Ferrari, direttore acquisti di Barilla, da Toronto annuncia: “Abbiamo di recente aggiornato i parametri qualitativi per questa materia prima strategica e dall’anno scorso chiediamo ai produttori di grano duro di tutti i paesi di non usare il glifosato prima del raccolto e di garantire che eventuali valori di residui siano inferiori al limite di rilevazione. Il grano del Canada non rispetta questi nuovi limiti stringenti, seppure siano ben al di sotto di quelli di sicurezza”. Ferrari spiega che al momento l’azienda non ha firmato contratti con i fornitori di grano duro del Canada, nonostante questo sia di una qualità eccezionale.

Oggi il 70% del grano duro che la Barilla usa per produrre la sua pasta arriva dall’Italia e il restante 30 per cento da Usa, Francia e Australia. Ma il grano italiano non è in grado di garantire da solo la produzione di pasta, ossia 3,2 milioni di tonnellate. E Barilla ha reso noto di aver investito 240 milioni di euro in progetti che riguardano 5mila imprese agricole italiane che coltivano una superficie di circa 65mila ettari. “Continueremo ad investire nella filiera italiana - ha concluso Ferrari - ma la produzione nazionale non basta da sola ad offrire la quantità sufficiente di grano duro della giusta qualità”.