Lavanda in Toscana, piante officinali in Puglia e frutti antichi in Sicilia. Ma anche rampicanti, erbe aromatiche, alberi da frutto, pomodori e prodotti dell’orto: l’associazione femminile della Cia, dal Trentino alla Sicilia, sceglie una pianta simbolica e si mobilita per sensibilizzare i cittadini sul valore dell’agricoltura e dell’ambiente, contro i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità, ma anche sull’importanza del lavoro contro la violenza di genere. In Italia il settore primario è sempre più “rosa”: sono 1,3 milioni le donne impegnate in agricoltura, nessun altro Paese in Ue fa lo stesso.
“Acquistare una pianta e impegnarsi nella sua cura è il modo migliore per celebrare la Festa della Donna - spiega la presidente Mara Longhin -. Non è soltanto un gesto ‘green’, puramente simbolico, ma un atto concreto per ‘dare la vita’ e far crescere un vegetale, promuovendo il rispetto della natura e dei suoi ecosistemi. Il suolo, i semi, le piante, rappresentano il primo anello della catena alimentare e sono il simbolo della sostenibilità ambientale: difenderli e curarli è il compito di tutti, a partire dalle agricoltrici che ogni giorno contribuiscono a garantire la sicurezza alimentare proteggendo la biodiversità”.
“Risvegliare e riabilitare il ‘femminile’ che alberga dentro ognuno praticando l’accudimento della vita vegetale - continua Longhin - è il miglior modo per combattere la violenza che si esprime a tutti i livelli, prima di tutto verso le donne. Comprendere che accudire la vita non è debolezza e distruggerla non è forza è il primo passo per un progresso collettivo, necessario e auspicato”.
L’associazione “rosa” della Cia in occasione dell’8 marzo ricorda che il lavoro è una risorsa per le donne, una potente arma antiviolenza, e che proprio l’agricoltura (insieme al commercio) è il settore produttivo con il più alto grado di “femminilizzazione”. In Italia, infatti, le aziende agricole con a capo una donna sono più di 497 mila, cioè oltre il 30% del totale, mentre le lavoratrici rappresentano quasi il 40% della forza lavoro complessiva del comparto. E c’è di più: questa presenza è molto più massiccia rispetto agli altri Paesi dell’Europa occidentale. Secondo l’Eurostat, infatti, nel nostro Paese sono complessivamente 1,3 milioni le donne impegnate a vario titolo in agricoltura, contro le 340 mila circa di Stati come la Francia o la Germania. Persino in Spagna, altro Paese Ue tradizionalmente agricolo, le donne che lavorano nel settore primario sono circa 660 mila, la metà rispetto a quelle italiane.
“Le donne sono un caso di resilienza e di resistenza nei territori rurali, ma soprattutto sono quelle che hanno raccolto per prime e meglio la sfida di dare un futuro all’agricoltura - sottolinea la presidente di Donne in Campo - costruendo al contempo risposte concrete alla sempre più accentuata carenza di welfare che le lascia spesso sole nelle cure familiari. Risposte che noi chiamiamo multifunzionalità, quindi agriasili e agri-nidi, fattorie didattiche, aziende agrisociali che includono persone disabili, anziani e migranti”.
“Sono queste le aziende femminili dell’agricoltura italiana e questo è il messaggio che vogliono condividere con i cittadini - conclude Longhin -. Donne che vogliono far sentire la loro voce, e non certo in modo rituale, anche in occasione dell’8 marzo”.
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Fonte: Cia