"Dobbiamo mantenere ferma la nostra posizione sui diritti di impianto. Sulla assoluta necessità di tenere in vita un sistema che ha accompagnato l'espansione delle vendite, con una crescita regolare del vigneto e che ha contribuito a mantenere l'equilibrio tra offerta e domanda". Lo ha ribadito il presidente di Confagricoltura Mario Guidi nel suo intervento conclusivo al convegno 'Il ruolo dei diritti di impianto per il futuro del settore vitivinicolo europeo', che si è tenuto oggi 14 giugno 2012 a Roma.

Secondo Guidi il sistema dei diritti ha contribuito a preservare l'azienda viticola legata al territorio e ha permesso l'insediamento di giovani, permettendo loro di beneficiare di criteri di priorità nella ripartizione, senza contropartita finanziaria. "Eliminarlo - ha ricordato Guidi - comporterebbe conseguenze economiche e sociali gravissime per il nostro Paese: eccedenze di produzione, delocalizzazione in zone a più alta resa per ettaro, anche da parte di operatori esterni al settore agricolo, competizione basata su prezzi al ribasso. Con il rischio di un progressivo abbandono del nostro modello tradizionale di viticoltura, che valorizza il territorio, l'ambiente, la tipicità".

Il presidente Guidi ha evidenziato che il vino è il fiore all'occhiello del commercio agroalimentare italiano (4,4 miliardi di euro) e che, con un fatturato di 10,7 miliardi di euro e 1,2 milioni di addetti, riveste un ruolo strategico dal punto di vista economico e occupazionale in molte aree del Paese. Le imprese vitivinicole, tra l'altro, sono fra le meno dipendenti dai pagamenti della Pac e i viticoltori riescono a remunerare la loro attività principalmente con i ricavi del mercato.

"Per questo – ha continuato Guidi - occorre mantenere un regime europeo che disciplini gli impianti per tutti i tipi di vino, Dop e Igp e per quelli senza indicazione geografica. Perché le criticità della liberalizzazione sono ancora più marcate per i vini senza indicazione, in particolare quelli varietali, ai quali non è possibile applicare strumenti aggiuntivi di regolamentazione".

Secondo Confagricoltura la gestione del potenziale deve rimanere a livello centrale e non può essere demandata alle organizzazioni dei produttori o alle organizzazioni interprofessionali. E' fondamentale avere strumenti omogenei di gestione.

"Potremmo ragionare sull'opportunità di rendere questo sistema un po' più elastico – ha concluso il presidente Guidi – per superare le criticità riconosciute dagli operatori, ma non cederemo mai sul suo mantenimento".