Più di cento milioni di euro, 108 per la precisione, in tre anni: tanto l'Unione europea ha messo a disposizione della filiera dell'olio d'oliva italiano per azioni di monitoraggio, tracciabilità, certificazione, miglioramento della qualità e dell'impatto ambientale.

"Si tratta di risorse che contribuiranno significativamente a supportare al meglio la crescita di un comparto importante come la nostra olivicoltura". Così il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, ha annunciato l'approvazione da parte del Mipaaf dei programmi triennali (2012/2014) presentati dalle organizzazioni di operatori del settore oleicolo italiano.

I programmi, finanziati dunque con fondi dell'Unione Europea ma integrati dalla partecipazione dello Stato membro e dalle risorse dei beneficiari, avranno inizio dal primo aprile 2012.

Nello specifico, a livello nazionale, l'importo assegnato al monitoraggio è pari a 9.600.000 euro, mentre il plafond riconosciuto alla tracciabilità e alla certificazione dell'olio d'oliva è di 22.750.000 euro.

A livello di attuazione regionale, i progetti riguardano il miglioramento della qualità, per un importo, relativamente alla quota comunitaria, di 37.600.000 euro, mentre i progetti concernenti il miglioramento dell'impatto ambientale verranno finanziati interamente dall'Ue con 38.000.000 di euro.

L'importo totale assegnato alle organizzazioni di filiera è dunque pari a 108 milioni di euro, cifra che deve essere integrata da circa 15 milioni di euro di cofinanziamento nazionale e dalla partecipazione diretta dei beneficiari, che dovranno contribuire per analogo importo.

 

Coldiretti, rivedere le etichette

Finanziamenti che potranno essere una boccata d'ossigeno per un settore che vive il paradosso di essere al top per la qualità ma vede l'import superare la produzione nazionale. L'arrivo in Italia di olio di oliva straniero ha infatti raggiunto nel 2011 il massimo storico di 584mila tonnellate, a fronte di una produzione interna che si attesta a 483mila tonnellate (dati Coldiretti); l'Italia è il primo importatore mondiale di olio che per il 74% viene dalla Spagna, il 15% dalla Grecia e il 7% dalla Tunisia. Nel 2011 – spiega Coldiretti - si è dunque verificato un ulteriore aumento del 3% nelle importazioni di olio di oliva dall'estero che sono quasi triplicate negli ultimi 20 anni (+163%), sommergendo di fatto la produzione nazionale, che sarebbe peraltro quasi sufficiente a coprire i consumi degli italiani.

"E' scandaloso che nel nostro Paese i cittadini siamo costretti a consumare, con l'inganno, prodotti scadenti ottenuti spesso mescolando prodotti di origine diversa", ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini durante il convegno sulla tutela dell'olio di oliva organizzata al Vinitaly dal Corpo Forestale dello Stato.

Gli oli di oliva importati in Italia vengono infatti mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all'estero, una "parvenza di italianità" da sfruttare agli occhi dei consumatori.

Tracciabilità ed etichettatura, a cui si rivolge parte dei finanziamenti stanziati dall'Unione europea, diventano quindi due condizioni imprescindibili per il rilancio del made in Italy.

Sotto accusa è infatti la mancanza di trasparenza: secondo Coldiretti, quattro bottiglie di olio extravergine su cinque in vendita in Italia contengono miscele di diversa origine, ma nell'etichetta è praticamente illeggibile la provenienza delle olive impiegate. E questo nonostante sia obbligatorio indicarla per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009.

La Coldiretti insieme ad Unaprol e alla Fondazione Symbola ha presentato una proposta di legge di iniziativa popolare che prevede scritte in etichetta più grandi, stop ai marchi ingannevoli e al segreto sui nomi delle aziende che importano olio dall'estero, ma anche test della verità probatorio per la classificazione delle caratteristiche qualitative.

"L'obiettivo è difendere un patrimonio - conclude Coldiretti - con oltre 250 milioni di piante sul territorio nazionale che garantiscono un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative all'anno e un fatturato di 2 miliardi di euro".