“Stop all’agricoltore-panettiere, è una forma di concorrenza sleale”. I panificatori italiani contestano il decreto che consente agli agricoltori di produrre e vendere pane fresco e annunciano battaglia.
“Gli agricoltori saranno i benvenuti nel nostro mondo – ha detto il presidente della Fippa-Federazione italiana panificatori, Luca Vecchiato - ma solo a patto che ci sia equità e pari condizioni".
"Così non è: di punto in bianco – ha proseguito il presidente dei panificatori italiani - ci ritroviamo a dover competere contro una categoria di privilegiati fiscali, la cui pressione è di oltre il triplo inferiore alla nostra, con un regime forfetario che si ferma al 15%. Un paradiso fiscale rispetto al comparto della panificazione artigianale, che tra imposte dirette e indirette sconta circa il 52% di tasse sul reddito trasformato. A chiudere il cerchio – ha aggiunto Vecchiato – sono le modalità di vendita, quelle dei ‘super incentivati’ farmer’s market, già criticati dai commercianti in diverse zone d’Italia”.
Per la Federazione panificatori, il decreto firmato dal ministro Tremonti apre di fatto a un vero e proprio Far West del mercato, in cui ci rimetteranno i 350mila addetti (indotto compreso) che operano negli oltre 26mila forni artigianali italiani.
“Siamo già stritolati – ha detto Vecchiato - da un mercato in flessione e da una concorrenza – quella della Gdo - che offre in gran parte pane surgelato, preconfezionato e in cassetta. Per farci riconoscere dai consumatori attendiamo da 4 anni dal ministero dello Sviluppo economico l’emanazione del regolamento attuativo sul pane fresco, un atto dovuto dopo le liberalizzazioni del decreto Bersani che hanno colpito – tra i pochissimi - la categoria dei panificatori. Oggi la risposta arriva con un decreto beffa che dovrà essere modificato; per questo abbiamo inviato una lettera al ministro Galan con la richiesta di un incontro urgente: ci sentiamo discriminati fiscalmente e penalizzati nelle prospettive economiche. Sono per fortuna passati decenni dalle serrate sui prezzi calmierati – ha concluso Vecchiato - e non abbiamo nessuna voglia di tornare alle vecchie maniere. Ma se il nostro grido d’allarme dovesse rimanere inascoltato dalla politica, saremo costretti a prendere in considerazione forme di mobilitazione generale che sino ad oggi abbiamo cercato di evitare”.
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