Continua, seppure a piccoli passi, la riapertura delle frontiere statunitensi alle carni europee. Il blocco andava avanti da quasi venti anni, da quando era scoppiata nel 1998 l'emergenza Bse, meglio nota con il nome di “vacca pazza”.
Il primo via libera è arrivato nel gennaio del 2015 nei confronti delle carni bovine provenienti dall'Irlanda, complice l'aumento della domanda di carni biologiche e prive di ormoni (che negli Usa sono ammessi).
Poi è stato il turno della Lituania e dei Paesi Bassi e oggi della Francia, che potrà nuovamente esportare carni bovine verso gli Usa.

Bruxelles soddisfatta
Quello delle carni statunitensi è un mercato di forte interesse, con un flusso di importazioni di circa 4 miliardi di euro, soddisfatto sino ad oggi per gran parte dalle produzioni australiane e di alcuni paesi dell'America latina.
L'apertura alle carni francesi è dunque vista con soddisfazione da parte della Commissione europea, che ha salutato questa decisione come una nuova tappa nella caduta dell'embargo americano alle carni europee.

Questa decisione degli Stati Uniti dimostra chiaramente cosa è possibile realizzare quando si hanno relazioni aperte e costruttive con uno dei nostri più importanti partner commerciali” hanno dichiarato la svedese Cecilia Malmström (commissario al Commercio Ue), il lituano Vytenis Andriukaitis (commissario alla Salute e alla sicurezza alimentare) e l'irlandese Phil Hogan, (commissario all'Agricoltura).
Dichiarazioni che sembrano voler ridare spinta al Ttip, l'accordo per gli scambi commerciali fra Usa e Ue, da mesi in una fase di stallo.

Italia al palo
Ora si cercherà di eliminare l'embargo statunitense nei confronti degli altri paesi europei, per i quali le frontiere Usa sono ancora chiuse.
Fra questi rientra anche l'Italia, che certo non figura fra i paesi esportatori di carne, essendo essa stessa importatrice per circa il 40% del proprio fabbisogno.
Per alcune delle nostre eccellenze alimentari a base di carni bovine si potrebbero tuttavia aprire interessanti opportunità e c'è da chiedersi perché l'embargo nei nostri confronti sia durato sino ad oggi.
 
La mappa dell'Oie sulla Bse. In verde scuro i Paesi a rischio trascurabile


Italia sicura
L'Italia può vantare un elevato grado di sicurezza contro la Bse, merito di attenti e scrupolosi programmi di eradicazione e controllo della malattia. Insieme a molti altri Paesi della Ue, l'Italia gode infatti della “qualifica” di nazione con un “trascurabile” rischio da Bse, il livello di sicurezza più alto stabilito dall'Oie, l'Organizzazione mondiale della sanità animale.
Non è così né per l'Irlanda né per la Francia, dove lo svilupparsi di un focolaio di Bse a inizio dello scorso anno ha fatto scivolare i nostri “cugini” d'Oltralpe dallo stadio di rischio “trascurabile” a quello di rischio “controllato”.

Barriere sanitarie
Anche l'embargo statunitense più che agli aspetti sanitari e di sicurezza alimentare sembra dunque attento agli interessi commerciali.
Non è una novità. Cadute le barriere doganali sotto i colpi della globalizzazione, per la difesa degli interessi nazionali si usano “mezzi impropri”, primi fra tutti le barriere sanitarie, vere o presunte che siano.
Accade per la carne come per gli ortaggi e per qualunque altro prodotto. L'importante è saperlo.