Da tempo i produttori di mangimi chiedono un intervento del Governo per fronteggiare una situazione che rischia di fare saltare l'intero sistema zootecnico nazionale: il mercato delle materie prime è sempre più dipendente dalle importazioni. Per produrre 14 milioni e 200 mila tonnellate di mangimi l'industria ne deve disporre di notevoli quantità : dai cereali, alle farine proteiche vegetali, agli altri prodotti come crusche, farina di erba medica, semi proteici, o quelli di origine animale (latte, farine di pesci, grassi) o ancora ai minerali o alle vitamine. E l'Italia è fortemente deficitaria per una parte consistente di queste materie prime.
Dipendiamo dall'estero per la gran parte del grano tenero e dell'orzo, per la quasi totalità della farina di soia e, in questi ultimi anni, anche per una parte del mais. Per l'alimentazione animale è quindi necessario rivolgersi al mercato internazionale e qui le preoccupazioni derivano dal forte aumento, che si registra ormai ininterrottamente dall'agosto 2006, dei prezzi di tutte le materie prime per mangimi che hanno fatto segnare rialzi in alcuni casi anche superiori al 100%.
Ad aggravare lo scenario è il blocco delle partite di soia provenienti dagli Usa nei porti tedeschi, danesi e spagnoli. Questa estate le contaminazioni da ogm Mon 88017 hanno bloccato 200 mila tonnellate di soia facendo rischiare una dieta forzata agli allevamenti europei.
A fronte della crisi e del rischio di rimanere senza mangimi fino al 2010, il commissario all'agricoltura europeo Marian Fischer Boel ha lanciato un allarme chiedendo ai 27 ministri agricoli di accelerare l'approvazione del mais Ogm Mon 88017 e Mir 604 che hanno già avuto pareri scientifici positivi.
Mentre Assalzoo chiede soglie di tolleranza per le varietà con pareri positivi, l'Associazione Italiana Allevatori invita alla cautela: 'Al momento', ha dichiarato il Presidente Nino Andena, 'non vedo emergenze particolari'.
Varie sono le cause di questo vertiginoso aumento dei prezzi: una domanda in crescita costante a livello mondiale (in particolare ad opera di Brasile, Russia, India e Cina), una produzione insufficiente per far fronte alla richiesta di mercato e il maggior impiego di cereali nella produzione di bioenergie.