Un documento che parte dall’importanza del patrimonio agricolo e boschivo italiano come “serbatoio” di ossigeno e biodiversità per affrontare la questione del consumo di suolo, passando per la necessità di investire sulle fonti rinnovabili e di puntare sull’economia circolare. Ecco alcune proposte nel dettaglio.
1 - Il contributo dell’agricoltura e della selvicoltura all’assorbimento della CO2
La decisione di eleggere la gestione dei suoli agricoli e dei pascoli tra le attività contabilizzate nel secondo periodo di applicazione del Protocollo di Kyoto rappresenta per l’Italia una grande opportunità - spiega Agrinsieme - e va analizzata con molta attenzione.
Sarà necessario provvedere ad un sistema di incentivi e premialità per stimolare comportamenti virtuosi.
Il settore può contribuire efficacemente al contrasto climatico, attraverso diverse misure che possono riguardare: la riduzione delle emissioni, lo sviluppo delle energie rinnovabili, l’efficientamento dei sistemi produttivi, il miglioramento delle attività zootecniche, lo stoccaggio di carbonio nel suolo e nella vegetazione e mediante tecniche appropriate di coltivazione.
Basti pensare a quanto già si è fatto finora promuovendo il riuso degli scarti agroforestali in chiave di energia verde. Il coordinamento tra Cia, Confagricoltura, Copagri e Aci agroalimentare crede molto nella produzione di biomasse: dagli scarti di agricoltura e d’allevamento, infatti, si ricavano ogni anno 20 milioni di tonnellate di biomasse legnose destinate alla produzione di energia termica o elettrica a impatto zero. Una scelta che ha già fatto risparmiare all’ambiente 24 milioni di tonnellate di CO2, una quantità pari all’anidride carbonica emessa da 4 milioni di auto a benzina che fanno il giro della Terra.
2 - Agricoltura e foreste, consumo del suolo e dissesto idrogeologico
Contro il dissesto è essenziale innanzitutto una legge sul consumo di suolo, tanto più che cancellare suolo agricolo ha effetti anche sui cambiamenti climatici. Come ha confermato l’Ispra nel suo ultimo rapporto infatti - osserva Agrinsieme - la cementificazione galoppante ha comportato l’immissione in atmosfera di 21 milioni di tonnellate di CO2 solo tra il 2009 e il 2012, per un costo complessivo stimato intorno ai 130 milioni di euro.
C’è bisogno, dunque, di una legge che applichi i concetti di riuso del suolo edificato, valorizzi e tuteli l’attività agricola e forestale, garantisca la corretta gestione della risorsa suolo per le attività umane attuali e future.
Per contrastare il dissesto idrogeologico è necessario porre in essere una manutenzione costante che solo la presenza dell’azienda agricola diffusa sul territorio è in grado di assicurare, garantendo la redditività del settore agroforestale, soprattutto nelle aree collinari e montane.
In particolare, nella nuova progettazione per le opere del Piano nazionale per il contrasto al dissesto 2015-2020 per il quale sono impegnate importanti risorse, dovranno essere accordate priorità ai progetti che vedano coinvolte anche le imprese agricole dei territori interessati.
C’è la necessità che venga attuata, nel nostro Paese, finalmente una vera azione di gestione sostenibile del bosco. Un Paese che ha un terzo della superficie coperta da foreste non può continuare ad essere anche il più grande importatore di legna, persino da ardere.
Per evitare l’abbandono delle zone montane - continua Agrinsieme - è altresì necessario promuovere l’attuazione di una legislazione specifica a favore delle attività produttive in ambito montano e sostenere la gestione diretta dei territori montani da parte della popolazione locale e delle imprese agroforestali locali.
3 - Produzione di energia da fonti rinnovabili
Per il rilancio delle agroenergie è indispensabile promuovere un modello di azienda agricola che a medio termine sia energeticamente indipendente grazie al mix di fonti.
In questa direzione, per Agrinsieme, occorre favorire l’autoconsumo aziendale, liberandolo dai diversi oneri che ancora oggi ne frenano lo sviluppo, sostenendo un modello di produttore-consumatore (sistemi efficienti di utenza).
Quasi il 50% della produzione di energia rinnovabile, secondo il Piano di azione e la strategia energetica nazionale dovrebbe provenire dalle biomasse. Molta strada ancora deve essere percorsa per raggiungere gli obiettivi sulla produzione termica e sui biocarburanti. E possibilità di sviluppo ci sono anche per l’elettrico.
Per questo anche in relazione ai nuovi obiettivi che verranno fissati al 2030 dall’Unione europea, ci potrebbero essere ulteriori sviluppi anche per la cogenerazione dando priorità ai piccoli impianti collegati alle imprese agricole, zootecniche e forestali.
Bisogna innanzitutto puntare allo sviluppo del biometano, che è il nostro biocarburante di eccellenza. E’ anche la naturale evoluzione di un percorso innovativo iniziato con il biogas che sta portando a veri e propri laboratori tecnologici inseriti nelle imprese agricole: produzione di energia elettrica, termica, di fertilizzanti e nuove possibilità con la chimica verde.
In merito alla produzione termica e al teleriscaldamento, occorre un maggiore sforzo per valorizzare la nostra risorsa agroforestale -aggiunge Agrinsieme -. Va poi definita una strategia per lo sviluppo delle bio-raffinerie: pilastro centrale della strategia sulla bio-economia europea, in grado di convertire in maniera selettiva e ambientalmente sostenibile biomasse, residuali e non, in un ampio spettro di prodotti nuovi o competitivi.
4 - Economia circolare
L’agricoltura è storicamente improntata ad una circolarità dell’uso delle risorse.
Occorre valorizzare tutti i sottoprodotti del sistema agroalimentare, creando delle vere e proprie filiere attraverso il riconoscimento di accordi di programma tra tutti e la supervisione del ministero dell’Ambiente, anche ipotizzando una fiscalità specifica per la green economy.
E’ fondamentale, per il coordinamento Agrinsieme, stimolare le iniziative per il riutilizzo, il riciclo e il recupero dei rifiuti.
In quest’ottica si muovono due provvedimenti, attualmente in fase di bozza, molto importanti per il settore. Si tratta di decreti del ministero dell’Ambiente sui criteri che qualificano i residui come sottoprodotti e non come rifiuti e sull’utilizzo del digestato.
Una più ampia classificazione delle biomasse residuali come sottoprodotti avrebbe l’ulteriore vantaggio di favorire uno sviluppo futuro delle energie rinnovabili da biomasse con un sempre minor uso di colture dedicate. In merito all’utilizzo agronomico del digestato, Agrinsieme ritiene importante chiarire con la Commissione la possibilità del suo uso come fertilizzante.
Deve essere, infine, definita una strategia per lo sviluppo delle bioraffinerie (chimica verde): pilastro centrale bioeconomia europea, per la produzione sostenibile di un ampio spettro di nuovi prodotti industriali.
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Fonte: Agrinsieme