Con questo disciplinare, in sostanza, gli agricoltori italiani potranno accedere online ai dati sulle caratteristiche delle sementi che acquistano. Messo a punto da Convase - che riunisce 23 aziende in rappresentanza del 40% della produzione nazionale di sementi certificate di cereali a paglia - si tratta di uno strumento che in maniera trasparente fornisce dati utili per un uso agronomico ottimale delle sementi e la produzione di raccolti di elevata qualità. A supportare l'iniziativa anche Assosementi, l'Associazione che riunisce le aziende sementiere italiane. Aziende che ci vedono un valido strumento per valorizzare le produzioni nazionali e per gettare le basi di una futura fattiva collaborazione nel settore agricolo.
"Il progetto 'Seme di qualità' - ha dichiarato Eugenio Tassinari, presidente di Convase - segna un nuovo passo avanti sulla strada della tracciabilità e che si prospetta di rilevante interesse anche per il singolo produttore e quindi per tutto il sistema produttivo. Siamo felici di poter contare sul supporto delle confederazioni che rappresentano una garanzia per i produttori in termini di qualità e che, oltre a poter verificare la corretta applicazione del disciplinare, possono essere promotrici di questa iniziativa".
Per il presidente di Assosementi, Giuseppe Carli, c'è la convinzione che "il gioco di squadra sia il punto di partenza per fronteggiare le sfide che quotidianamente deve affrontare il settore cerealicolo. Siamo pronti a lavorare insieme alla filiera per sfruttare il valore aggiunto che riveste il seme certificato, base irrinunciabile per ogni produzione orientata alla qualità e in grado di fornire risposte concrete ai consumatori".
Il disciplinare 'Seme di qualità' si rivolge in questa fase iniziale di sviluppo alle aziende sementiere e parte dall'esigenza di fornire agli agricoltori effettive garanzie sulla qualità delle sementi, punto di partenza della filiera agroalimentare. Il nuovo disciplinare istituisce un vero e proprio protocollo di certificazione realizzato da enti terzi accreditati nel rispetto degli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale. Poi controlla e certifica il processo produttivo, dal campo di produzione alla selezione e confezionamento allo stabilimento sementiero, fino all'azienda agricola.
"Stiamo lavorando assieme alle altre organizzazioni del comparto per costruire una 'cabina di gestione' per i cereali, dal campo alla tavola, dal seme allo spaghetto - ha detto il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti - una filiera tracciata che è, innanzitutto, un nuovo modello di collaborazione interprofessionale. Sementieri e agricoltori dimostrano che vogliono fare la loro parte continuando a impegnarsi per migliorare e certificare la qualità del prodotto. Questa qualità dovrà poi essere riconosciuta, selezionata e premiata".
Secondo Dino Scanavino, presidente nazionale di Cia-agricoltori italiani, "per tutelare la qualità del made in Italy ed essere competitivi sul mercato internazionale, il settore cerealicolo ha bisogno di strumenti non solo innovativi, ma anche affidabili e autorevoli. A questo obiettivo può rispondere il nuovo disciplinare 'Seme di qualità'. Come rappresentanti degli imprenditori agricoli, non potevamo che assicurare disponibilità e competenza dei nostri cerealicoltori, perché vigilino sulla sua corretta applicazione e possano essere concretamente protagonisti di un progetto che guarda al comparto in un'ottica di sistema".
"Ragionare in un'ottica di filiera e di sistema, partendo dal seme e dalla qualità - ha detto il presidente di Copagri, Franco Verrascina - è fondamentale per andare a valorizzare le tante peculiarità e varietà della nostra agricoltura, al fine di ottenere produzioni capaci di adattarsi ai diversi areali del paese e alle mutate condizioni climatiche, con un occhio al reddito e alla valorizzazione del prodotto finito; è per questo che come Copagri abbiamo da subito aderito convintamente al progetto della certificazione del 'Seme di qualità'".
"Abbiamo aderito al progetto perché ne condividiamo l'obiettivo, ovvero che per produrre granella di qualità occorre partire da semente di qualità certificata - ha dichiarato il presidente di Alleanza cooperative agroalimentari, Giorgio Mercuri - per la valorizzazione della materia prima riteniamo tuttavia imprescindibile che tale plus qualitativo possa essere riconosciuto dalle altre fasi della filiera, in particolar modo dall'industria di prima e seconda trasformazione. Auspichiamo pertanto che l'industria sementiera raccolga le esigenze della parte agricola e che quest'ultima si impegni ad utilizzare semi di qualità: è tuttavia evidente che senza una valorizzazione del prodotto finito da parte dell'industria e del consumatore, lo sforzo economico della parte agricola non potrà essere valorizzato e riconosciuto".
In Italia sono Puglia, Sicilia ed Emilia Romagna - fa presente Convase - le regioni maggiormente interessate alla coltivazione di grano duro, grano tenero e orzo. Nel 2019 le superfici produttive per queste tre colture sono state di 2 milioni di ettari, per una produzione di 7,7 milioni di tonnellate, facendo registrare un calo rispetto ai dodici mesi precedenti di oltre il 3%, in base ai dati Istat.
Parallelamente anche l'uso di seme certificato per queste specie sta registrando contrazioni significative anno dopo anno; un esempio è il caso del grano duro, punto di partenza di un simbolo del nostro agroalimentare come la pasta, dove "si assiste all'impiego di seme non certificato per oltre il 50% delle superfici. Una situazione che si riscontra anche per altre colture cerealicole, dal grano tenero all'orzo, con il risultato di non poter garantire la piena tracciabilità delle produzioni. Ciò ovviamente comporta una involuzione dell'intero sistema produttivo che vede ridursi costantemente la disponibilità di materiali innovativi e perde quindi in competitività registrando, al tempo stesso, crescenti problematiche di tipo sanitario".