E’ quanto afferma Gianluca Bagnara, assessore alle Politiche agro-alimentari della Provincia di Forlì-Cesena commentando l’andamento stagionale di pesche e nettarine e i dati pubblicati dall’Oppa - Osservatorio sui prezzi e prodotti agroalimentari. "Da questa annata emerge che lungo la filiera produttiva dell'ortofrutta esistono dei colli di bottiglia che impediscono un corretto rapporto fra il produttore e il consumatore, che influiscono sul prezzo, sulla gestione della qualità e dell'offerta sugli scaffali. In base agli ultimi dati forniti dall’Oppa, risalenti a fine agosto, pesche e nettarine vengono mediamente liquidate ai produttori 0,32 euro il chilogrammo”.
Cambiare la visione produttiva
L’aumento di 15 centesimi al chilogrammo rispetto all’anno scorso non pare giovare alla difficile situazione del comparto. “Questo dato non è sufficiente a dare soddisfazione al produttore - continua Bagnara -, ancora di più se la produzione è di qualità. Quest’anno non ci sono alibi per il problema strutturale e organizzativo legato al mancato trasferimento di valore dal produttore agricolo al mercato. La Gdo infatti non riconosce all'agricoltore il valore aggiunto. Attualmente il mercato paga bene i grossi calibri ed è su quello che si deve puntare. Meglio produrre 200 quintali all'ettaro (con frutta di grosso calibro) ad un euro di media al chilogrammo piuttosto che 450 quintali a 0,32 euro di media. E poi gli agricoltori devono diventare veri e propri imprenditori: capaci di scegliere la giusta varietà, di coltivarla e gestirla in modo ottimale, di venderla nel modo migliore al più corretto target. Bisogna innovare il proprio approccio al mercato e alla produzione agricola, senza rimanere legati ad una tipologia di struttura oramai non più adeguata. L’agricoltura va specializzata dal campo: si parte dalla pianta per dare qualità e non si possono più gestire questi prodotti ortofrutticoli come commodity pure”.
Oppa, alcuni dati sulle pesche e nettarine
Le pesche gialle vengono vendute sugli scaffali della distribuzione a 1,79 euro al chilo se sfuse, 1,30 se in cestini. Ma al produttore vanno mediamente 0,325 euro al chilo. Le pesche bianche vengono pagate 2,03 euro al chilo se sfuso e 1,58 in cestino. Ma il produttore riceve 0,325 euro al chilo. Stessa situazione nelle nettarani gialle dove il prodotto viene pagato alla distribuzione 1,70 euro al chilo per sfuso e 1,37 in cestino, quanto all’agricoltore vanno 0,290 euro al chilo. (Dati forniti dall’Oppa - 22 agosto 2012)
Ma cos’è l’Oppa? E’ un’Osservatorio sui prezzi e prodotti agroalimentari, promosso dall’assessorato alle Politiche agro-alimentari della Provincia di Forlì-Cesena. I rilevamenti vengono fatti settimanalmente dai tecnici dell’assessorato presso un campione di 12 punti vendita sparsi per il territorio. Vengono rilevati i prezzi al consumo di un paniere di prodotti ortufrutticoli significativi e rilevanti per l’agricoltura locale, confrontandoli con i prezzi al produttore presentati dalla Camera di Commercio. “Siamo gli unici in Italia ad avere un sistema di monitoraggio e trasparenza di questo tipo - commenta Bagnara -. Ogni provincia dovrebbe averne uno allo scopo di dare una corretta informazione del rapporto tra consumatore e distribuzione e tra distribuzione e produttore, a vantaggio dell’intera filiera”.
Qualità, differenziazione ed innovazione
"C'è stata una maggiore domanda di prodotto ortofrutticolo di qualità - continua Bagnara -, con un'attenzione crescente alla differenziazione tra prodotto standard e di qualità appunto. Per raggiungere una qualità adeguata è importante anche puntare sull'innovazione varietale seguita da tecniche colturali ed agronomiche adeguate alle varietà scelte. Questo permette di rendere sempre più funzionale la produzione agricola al proprio business e al target che si è scelto di raggiungere, senza lasciare nulla al caso".
La parola alla produzione
Anche i produttori non sono contenti dei prezzi corrisposti. Abbiamo chiesto a Mauro Zambrini, titolare dell’omonima azienda agricola di Giardino (Imola, in provincia di Bologna), un suo punto di vista. “Il nostro prodotto deve essere venduto almeno al costo di produzione - spiega Zambrini -, perché altrimenti non abbiamo reddito e futuro. L’aumento di 15 centesimi al chilogrammo, dichiarato dalle Organizzazioni, non è sufficiente a darci una boccata d’ossigeno, quando 1 chilo di pesche ci costa 40-50 centesimi: se prenderemo 30-35 centesimi non saranno abbastanza. Noi produttori frutticoli siamo sempre di più con l’acqua alla gola e così non possiamo andare avanti. All’interno della filiera siamo la parte più svantaggiata e nessuno sembra ascoltarci. E la qualità? Oggi quest’aspetto viene portato come elemento fondamentale per dare valore al nostro prodotto ortofrutticolo. Il mercato però lo ha assorbito come un prerequisito scontato e normale, perdendo quel valore aggiuntivo che dovrebbe avere. Noi produttori siamo però costretti a pagare caro il raggiungimento della qualità, senza avere un’adeguata remunerazione del nostro lavoro e dei nostri sforzi”.
Una situazione che anche in un'annata in equilibrio tra domanda e offerta non è risultata essere sufficiente per la produzione. “Gli ultimi anni hanno dimostrato che sovrapproduzioni anche minime portano a crolli drastici dei prezzi - continua Zambrini -, a differenza di cali produttivi anche importanti che non corrispondono ad aumenti soddisfacenti. Questo significa che chi interferisce nella formazione del prezzo è in grado di gestirlo e controllarlo a proprio piacimento. Inoltre oggi ci sono troppe variabili che incidono sul corretto equilibrio tra domanda e offerta. In tutto questo anche la presenza di sempre più competitori, che a volte giocano con regole diverse dalle nostre, non aiuta la nostra precaria situazione”.