Il kiwi è il prodotto frutticolo made in Italy che viene esportato di più al mondo: l'export è passato dal 61% del 2004/2005 al 71% della stagione 2008/09. Inoltre, l’Italia è il principale produttore di kiwi dell’emisfero settentrionale con l'80% del totale (Cina esclusa).
Il kiwi in Italia (Fonte: elaborazione Cso su dati Istat)
Le previsioni per la stagione 2009/2010 parlano di una produzione in volume pari a 483.700 tonnellate (-7% sul totale 2008). Il prodotto commercializzabile dovrebbe raggiungere le 436.200 tonnellate (-8% rispetto al 2008). Le superfici coltivate sono previste in aumento per tutte le principali Regioni produttrici: a livello nazionale l’areale dovrebbe arrivare a 22.800 ettari.
Il kiwi, perciò, pur rappresentando soltanto il 6% della produzione totale di frutta in Italia, risulta al quarto posto nella classifica delle specie frutticole più esportate, con un peso del 14% sul totale. Al primo posto si collocano le mele (31% dell’export frutticolo italiano), seguite da uva da tavola (21%) e pesche (15% del totale).
La principale sfida per il futuro del kiwi italiano è rappresentata dal forte trend di crescita della produzione in molti altri Paesi dell’emisfero settentrionale. Secondo le stime, l’offerta di kiwi dovrebbe aumentare del 19% da qui al 2013, passando da 1.254.000 (2009) a 1.519.000 tonnellate (2013).
Qualche nube all'orrizonte
"Per il kiwi la stagione in corso potrebbe non essere facile - spiega Massimo Ceradini, responsabile commerciale dell'Azienda agricola Ceradini di Verona - e potrebbero manifestarsi delle nubi in un orizzonte fino ad oggi limpido e terso. La campagna 2009/2010 sarà un’annata in cui bisognerà stringere i denti, con una qualità del prodotto molto alta ma con prezzi di vendita piuttosto bassi: le prime stime parlano di almeno 20-30 centesimi al chilogrammo in meno rispetto allo scorso anno".
"In questo modo – continua Ceradini – non si favorisce la ripresa delle quotazioni, indispensabile per mantenere il mercato su livelli accettabili.
Il vero problema è la mancanza di una reale organizzazione del comparto, che ora è soggetto a differenti strategie di filiera a seconda dell'interlocutore. Serve un organismo che coordini a livello nazionale il settore e che stabilisca dei requisiti minimi di qualità".
Nonostante le previsioni non entusiastiche, "la qualità del prodotto quest'anno è molto alta - precisa - e in grado di suscitare un certo appeal per il consumatore. Da sempre la mia azienda ha cercato di porre la qualità del kiwi al primo posto, come dimostra la creazione del marchio KingKiwi. Siamo comunque sempre alla ricerca di mercati sui quali valorizzare il nostro prodotto, dato che il 50% del nostro kiwi viene esportato all'estero".