Sembra non esserci pace per i cerealicoltori italiani che, viste le (per ora) ottime quotazioni di mercato, speravano di portare a casa un bel guadagno e coprire così gli alti costi di produzione che hanno caratterizzato questa annata agraria. E invece, causa la carenza di pioggia, le produzioni sono in contrazione da Nord a Sud.
Abbiamo parlato con diversi produttori, dalla Puglia fino al Piemonte, e la situazione è sempre la stessa. A causa della mancanza di acqua la produttività si è contratta da un minimo del 10% fino ad un massimo del 30%. A consolare è la qualità della granella, che a livello generale è ottima. La carenza di piogge ha infatti preservato la sanità della spiga, con le malattie fungine che praticamente non si sono fatte vedere. E anche i livelli di proteine, soprattutto nel grano duro ben concimato, sono generalmente buoni.
Prima di dare qualche dato è doveroso fare una premessa: le informazioni che riportiamo non hanno alcun valore statistico e sono state raccolte su un campione di agricoltori non esaustivo. Vanno dunque prese con le pinze, ma sono comunque in grado di fornirci un quadro complessivo della situazione.
Cala la produzione di frumento a causa della siccità
E allora partiamo dal granaio d'Italia, la Puglia. Qui abbiamo avuto una contrazione della produttività dei campi che va dal 20 al 30%, visto che gli agricoltori locali, in media, hanno portato a casa 25 quintali ad ettaro, contro una media di 35 dell'anno passato.
In Puglia ad influire negativamente è stata una serie di fattori, tra cui le abbondanti precipitazioni nel mese di dicembre, che hanno spostato le semine a gennaio, e il caldo, accompagnato da assenza di pioggia in primavera. Il grano duro ha avuto quindi meno tempo e meno risorse per esprimersi al meglio. Per chi ha concimato in maniera corretta è buona tuttavia la qualità della granella.
Nelle aree collinari delle Marche e dell'Umbria la situazione è a macchia di leopardo. Alcune aziende situate nell'area di Senigallia, vicino al mare, hanno registrato ottime produzioni, pari a 50 quintali di granella ad ettaro, con un'ottima qualità della stessa. Ma basta spostarsi di pochi chilometri per trovare situazioni meno soddisfacenti, con cali produttivi che comunque si aggirano intorno al 10%. Qui la differenza l'hanno fatta la tessitura del terreno e le precipitazioni, che sono cadute a macchia di leopardo graziando alcuni campi e penalizzando invece altri.
Risalendo lo Stivale e fermandoci in Emilia Romagna si possono registrare contrazioni generalizzate della produzione. Nella zona tra Bologna e Ravenna il tenero ha raggiunto i 70 quintali/ettaro con una contrazione di circa il 10% rispetto alla media degli anni passati. Mentre sul duro ci si è fermati intorno ai 55 quintali/ettaro, con una riduzione di 15-20 quintali.
Le aziende della zona sono abituate ad investire negli input produttivi che sono necessari alla produttività dei campi e quindi i cali sono attribuibili principalmente alla mancanza di precipitazioni.
Ci spostiamo infine in Piemonte, dove anche in questo caso c'è stata una scarsa resa. Diversi produttori hanno registrato alla trebbia 60 quintali/ettaro rispetto ai 75-80 quintali archiviati in stagioni precedenti. Anche in questo caso la riduzione è dovuta e alla penuria di acqua.
I conti dunque tornano? Se le quotazioni di mercato si manterranno sui livelli attuali i bilanci delle aziende agricole dovrebbero essere in positivo. Certo spiace che in un'annata in cui il mercato sembra essere intenzionato a remunerare generosamente il grano ce ne sia invece meno del solito da vendere.