Accanto alla notizia del blocco con effetto immediato all'export del grano da parte del Governo indiano, con lo stile asciutto tipico delle agenzie di stampa, Xinhua, organo di stampa cinese, riporta due notizie interessanti sul mondo del grano e lo fa da due aree del Pianeta considerate particolarmente fragili e a rischio di insicurezza alimentare. Le informazioni riportate dall'Agenzia di Pechino sono antitetiche.
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L'Egitto
La prima arriva dall'Egitto, Paese con oltre 103 milioni di abitanti e un tasso di autosufficienza nel grano inferiore al 44% (Fonte: Teseo.Clal.it), realtà particolarmente sensibile alle importazioni di cereali dall'area russo ucraina. A livello statale, ben 71 milioni di egiziani traggono aiuti dal programma del pane sovvenzionato.
Xinhua, in una nota stampa di pochi giorni fa, riporta le dichiarazioni del primo ministro egiziano Mostafa Madbouly, secondo cui il Paese "non avrà una crisi nelle forniture di grano nonostante le ripercussioni del conflitto in corso tra Russia e Ucraina, due principali esportatori di grano in Egitto".
Fra gennaio e dicembre 2021, secondo i dati di Teseo, l'Egitto ha importato 18,1 milioni di tonnellate di cereali, dei quali poco più di 8 milioni di tonnellate rappresentati dal grano. Primi fornitori, in particolare, la Russia con il 48% della quota di mercato e l'Ucraina, col 28%.
La produzione interna di grano, grazie al progetto nazionale di aumentare i terreni agricoli, dovrebbe aumentare, riporta Xinhua. Secondo le stime del Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti (Usda) l'incremento delle produzioni per il 2022-2023 dovrebbe avvicinarsi al +9%, portando così a una riduzione dell'import.
L'Egitto, secondo quanto affermato dal premier, "ha riserve di grano sufficienti per quattro mesi e, con la continua produzione locale di grano, dovrebbe essere sufficiente fino alla fine dell'anno".
Resta il nodo dell'inflazione, per contrastare la quale il Governo prevede un'iniezione di circa 7 miliardi di dollari nel prossimo bilancio generale per alleviare parte degli oneri subìti dai cittadini, aumentare i beneficiari dei programmi di protezione sociale e continuare a fornire prodotti alimentari a basso prezzo.
L'impennata dell'inflazione mondiale - ricorda l'Agenzia di stampa Xinhua - "ha portato la Federal Reserve statunitense ad aumentare di recente il suo tasso di interesse e diverse banche centrali in tutto il mondo hanno seguito l'esempio". Ed è "probabile", secondo quanto affermato da Madbouly, che anche l'Egitto aumenterà il tasso di interesse.
La Siria
Il giorno successivo, Xinhua pubblica un report dalla Siria, con le dichiarazioni di un funzionario di Governo, secondo il quale "le sanzioni statunitensi alla Siria hanno privato i siriani dei bisogni primari e aggravato le loro sofferenze".
La situazione all'interno del Paese sarebbe particolarmente drammatica. La stessa crisi ucraina (non si fa alcuna menzione all'invasione russa o alla guerra), riporta Xinhua, "ha avuto un impatto sulla fornitura di beni di prima necessità in Siria. Alcuni prodotti alimentari, principalmente olio da cucina, sono diventati scarsi e venduti a prezzi molto alti, mentre i costi del grano e dei mangimi sono aumentati notevolmente a causa dell'interruzione delle importazioni di questi prodotti dall'Ucraina e dalla Russia", dichiara Ziad Hazaa, direttore generale del Syrian Trading Establishment, un Ente governativo siriano incaricato della distribuzione di prodotti di consumo a prezzi accessibili.
L'impatto sulla popolazione sarebbe "devastante". La responsabilità sarebbe da ricondurre alle "sanzioni imposte dagli Stati Uniti", afferma Ziad Hazaa, che "hanno preso di mira il popolo siriano, privandolo dei suoi bisogni primari come energia, grano e alcuni prodotti alimentari di base".
Secondo il Comitato Internazionale della Croce Rossa, "i bisogni umanitari nel Paese rimangono enormi, poiché il 90% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e circa 14,6 milioni di persone, su 18 milioni di abitanti, hanno ancora bisogno di assistenza umanitaria".
A tutto questo si aggiunge l'inflazione, che ha colpito inevitabilmente anche la Siria. Per il Norwegian Refugee Council, "la crisi ucraina sta aggravando una crisi di insicurezza alimentare già cronica, che colpisce gli sfollati siriani all'interno del loro Paese e nei Paesi vicini".
"Alcuni Paesi amici - riporta l'Agenzia di stampa cinese - hanno aiutato la Siria ad acquisire cibo di base".
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