I prezzi delle principali commodity agricole si mantengono su valori elevati e dietro continua a non esserci più solo la spinta della guerra, che è ormai un dato acquisito, ma anche lo spettro della siccità che continua ad aleggiare sugli Stati Uniti. In questo articolo si analizzano i più recenti andamenti dei prezzi all'ingrosso del grano tenero e del mais, negli Usa e in Italia.

 

Usa, i prezzi sentono la siccità

Ieri, 5 aprile 2022, al Cbot di Chicago il valore di uno dei principali future sul grano tenero primaverile - lo Zwk2, con consegna luglio 2022, si è attestato a circa 10,45 dollari per bushel, in crescita del 6,12% rispetto al 1° aprile scorso, quando era sceso di poco sotto quota 10 dollari per bushel. Valori che non hanno nulla a che vedere con il picco raggiunto il 7 marzo - 14,25 dollari per bushel - ma occorre rendersi conto che fino a prima dell'inizio delle operazioni militari russe in Ucraina, questo stesso valore si era tenuto sotto gli 800 punti, meno di 8 dollari per bushel.

 

Segno che il mercato - dopo la prima fase di panico - è parzialmente sceso su valori più bassi e si è in qualche modo stabilizzato su valori comunque elevati, pur continuando a presentare una buona dose di volatilità: ovvero elevate variazioni nel giro di pochi giorni. Questo perché è diventato ipersensibile a tutte le informazioni che riguardino direttamente o indirettamente il prodotto trattato.

 

Andamento simile per il mais, che - tranne una breve fase - ha mantenuto sempre una discreta tendenza all'aumento. I valori del Cbot di Chicago registrati ieri, 5 aprile 2022, sul contratto Zc.n22 parlano chiaro: valore di chiusura a 7,43 dollari per bushel contro i 7,25 dollari per bushel del 13 marzo scorso, quando sembrava aver raggiunto un picco sull'onda emotiva seguita allo stop delle esportazioni magiare e ucraine ed aveva da quel momento accennato una discesa, rivelatasi di breve durata e lieve entità. I valori del 13 marzo sono già stati superati ieri da un aumento del 2,51%.

 

Usda, siccità in agguato

Ma che cosa continua a spingere sugli aumenti dei prezzi? Il 31 marzo scorso, il Dipartimento per l'Agricoltura degli Usa ha diffuso i dati sulle scorte di cereali e sulle intenzioni di semina. Per quanto riguarda le scorte cattive notizie: secondo l'Usda tutte le scorte Usa al 1° marzo 2022 erano di 1,02 miliardi di bushel, in calo del 22% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Da dicembre 2021 a febbraio 2022 sono usciti dai granai a stelle e strisce ben 353 milioni di stai, ovvero il 10% in meno rispetto allo scorso anno: un razionamento che non è bastato a rendere meno evidente la contrazione delle scorte rispetto al 2021.

 

A rinfrancare i mercati, almeno in apparenza, giungono le buone notizie sul fronte delle semine: l'area di semina di tutti i frumenti degli Stati Uniti sarà dell'1% in più rispetto allo scorso anno (648mila acri), pervenendo complessivamente a 47,4 milioni di acri. Il grano invernale costituisce la maggior parte dell'incremento (588mila acri), che si prevede sarà del 2% in più rispetto allo scorso anno a 34,2 milioni di acri. 

 

L'Usda prevede che il grano primaverile sarà del 2% (220mila acri) inferiore rispetto allo scorso anno, pervenendo a 11,2 milioni di acri. Non solo: a livello mondiale l'offerta di grano dovrebbe aumentare, se pur di poco, nonostante la guerra in Ucraina è attesa ridurre la produzione di quel paese del 20% e nella previsione che possano darsi comunque luogo le esportazioni, una previsione che implicitamente scommette sulla fine delle ostilità tra l'estate e l'autunno prossimi.

 

Ma a rovinare tutto ci sono le condizioni attuali di siccità in Usa, prevista perdurare almeno fino a tutto giugno.

 

"Notiamo che gran parte dell'area del grano attuale-progettata per la campagna 2022 è sottoposta a siccità da grave a estrema" sottolinea il rapporto della Commissione per lo Sviluppo del Grano della provincia canadese del Saskatchewan.

 

"Al 29 marzo, il 69% di tutta l'area di frumento invernale degli Stati Uniti era in condizioni di siccità - continua il rapporto - il 46% dell'area di frumento primaverile degli Stati Uniti era in condizioni di siccità e l'86% di tutta l'area di grano duro degli Stati Uniti era in condizioni di siccità". Tali condizioni incidono pesantemente sulle previsioni delle rese di questi seminativi.

 

Italia, grano su valori elevati, cala il mais

Grano tenero, tornano i rialzi

L'Associazione Granaria di Milano ieri, 5 aprile 2022, ha fissato in Borsa merci il frumento tenero di forza a 420 euro alla tonnellata sui minimi e 440 sui massimi, stabile sulla settimana precedente. Stessa stabilità per il panificabile superiore, attestato in una forchetta tra 405 e 415 euro alla tonnellata. Mercato calmo, a tratti calante, ma prezzi superiori di 10 euro alla tonnellata per il grano di forza e di 5 euro per il panificabile superiore rispetto alle quotazioni pure raggiunte l'8 marzo, sotto la spinta emotiva dell'invasione dell'Ucraina. Solo il 1° marzo, con le operazioni militari già iniziate, se pure da soli 4 giorni, i prezzi erano stati ben diversi: forchetta da 365-380 per il frumento di forza, con il frumento panificabile superiore attestato a 342-347 euro alla tonnellata.

 

Sempre a Milano, I grani teneri esteri di forza Canadian Western Red Spring numero 2 (già Manitoba n.2) e il Northern Spring numero 2 di provenienza Usa, che si erano attestati entrambi a 520-522 euro alla tonnellata l'8 marzo scorso a seguito di un aumento di ben 60 euro, ieri erano entrambi in aumento di 5 euro alla tonnellata. Con il Canadian Western Red Spring numero 2 che ha raggiunto i 505 euro alla tonnellata sui minimi e i 507 euro sui massimi. Mentre il Northern Spring numero 2 è di nuovo involato a 510-512 euro alla tonnellata. Vero, altri valori sono stabili o al ribasso, ma è del tutto chiaro che una nuova spirale rialzista, con queste premesse, cova sotto la cenere.

 

Mais, nuovi ribassi, ma prezzi più alti di inizio marzo

Storia diversa per il mais tornato sotto i massimi dei primi di marzo e che ha collezionato ieri un altro ribasso. In particolare il prodotto nazionale ad uso zootecnico di buona qualità ha perso 8 euro alla tonnellata, attestandosi a 380-382 euro alla tonnellata, meno dei 398-400 euro raggiunti l'8 marzo, in pieno shock da guerra, ma sicuramente un livello ben superiore 313-315 euro raggiunti solo il 1° marzo 2022.