Nel frattempo, sulla dote da 3.915 milioni di euro del Feasr, ovvero su quali criteri si debbano adottare per il loro riparto, si è sviluppata un'intensa attività parlamentare: il 20 maggio ben 27 senatori del Movimento 5 Stelle, lo stesso partito del ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli, in prevalenza eletti al Sud, hanno presentato un'interrogazione, chiedendo al ministro di "chiarire i criteri che intende adottare per tutelare quelle regioni in cui il riparto dei fondi andrebbe a danneggiare, con particolare riferimento al Sud, dove l'economia è fortemente basata sull'agricoltura e sulla filiera agroalimentare".
Tramontata a quanto pare ogni speranza che da Patuanelli possa partire una iniziativa volta almeno a riavvicinare le parti in causa - le 15 regioni del Centro-Nord che parteggiano per i criteri oggettivi, sulla scorta dell'accordo in Conferenza Stato-Regioni del 2015 e le cinque regioni del Sud più l'Umbria, che chiedono il rispetto dell'invarianza normativa anche nel riparto dei fondi tra i territori, una tesi che ha trovato l'avallo autorevole del commissario all'Agricoltura e allo sviluppo rurale Janusz Wojciechowski - giunge l'ultima replica delle regioni meridionali con una durissima e ultimativa nota congiunta.
"Il Governo decida secondo equità, evitando nuovi scippi che sarebbero deleteri per l'avvenire del motore agricolo dell'Italia". Lo dichiarano gli assessori regionali all'Agricoltura della Campania e di Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia ed Umbria (rispettivamente Nicola Caputo, Francesco Fanelli, Gianluca Gallo, Donato Pentassuglia, Toni Scilla e Roberto Morroni), insistendo sulla necessità - ormai diventata argomento di discussione a livello nazionale - di non mutare in corso d'opera le regole di riparto dei fondi europei per le politiche di sviluppo rurale.
"Qualora ciò si verificasse, come alcune regioni del Centro-Nord vorrebbero, in ciò sostenute dal ministero delle Politiche agricole ma con la manifesta avversione del Mef e della Commissione europea - dicono i sei assessori - si realizzerebbe uno sfregio istituzionale e politico senza precedenti. Ben lo hanno compreso, a quanto pare, i tanti parlamentari che negli ultimi giorni, stando a quanto riportato dai media, sarebbero stati protagonisti di un aspro confronto col ministro Patuanelli, che pur di difendere la linea oltranzista sarebbe arrivato a minacciare le dimissioni. Noi non ci auguriamo ciò, ma auspichiamo ovviamente un ripensamento, serio e sereno e soprattutto giusto".
Avanti, dunque, con fermezza, sulla strada del dialogo. "Non accetteremo mai colpi di mano tesi a cancellare la fase transitoria del biennio 2021-2022: ciò si tradurrebbe in una penalizzazione mortificante per regioni già svantaggiate che, paradossalmente, sarebbero private proprio dei fondi destinati a garantire il riequilibrio strutturale, a tutto vantaggio di zone già di per sé meglio attrezzate", sottolineano Fanelli, Gallo, Caputo, Pentassuglia, Scilla e Morroni.
"Tuttavia, a chi ci ha chiuso porte in faccia - aggiungono - confermiamo d'essere pronti, oggi come ieri, ad un confronto che riparta tenendo in massima considerazione un'analisi globale della totalità dei fondi Pac I e II pilastro, senza trascurare le tematiche legate alla quota di cofinanziamento ed al Regolamento Ue 2020/2220, che ha prorogato per il 2021 ed il 2022 non solo i programmi di sviluppo rurale, ma anche l'attuale regime dei pagamenti del I pilastro della Pac. Inoltre, ribadiamo la disponibilità a ragionare su nuovi meccanismi a partire dal 2023".
Da qui l'appello al Governo Draghi: "L'unità nazionale ed i principi di equità e giustizia sociale non devono restare le belle parole di tanti manifesti politici e programmatici: adesso c'è l'occasione di dar loro concretezza. L'Esecutivo ascolti le nostre ragioni e tuteli territori che, da soli, rappresentano il 60% delle superfici del Psr. Rinnoviamo la proposta di insediare un tavolo tecnico cui demandare la definizione della questione, entro 60 giorni, con l'individuazione di criteri coerenti allo spirito ed alle finalità del Psr. Siamo pronti a fare la nostra parte e ci auguriamo che altrettanto facciano, apertamente, tutti i parlamentari di ogni estrazione politica che condividono la tesi del buon senso. Non bastano più attestati di stima e solidarietà: servono impegno e responsabilità per raggiungere un obiettivo utile al paese intero".