Diciamo era, dato che nel 2011 un disastro nucleare l'ha resa tristemente famosa in tutto il mondo. Gli amici giapponesi appresero con stupore che l'Italia è da tempo (dal 1987 per la precisione) "nuclear free": il risultato fu una specie di follia verso l'acquisto di prodotti italiani - e le ripartenza verso il Giappone fu caratterizzata da gravi problemi logistici causati da valige strapiene di pasta e mozzarelle.
Tutto questo per dire che il nostro paese ha aspetti molto apprezzati dall'estero, talora non li conosce e sicuramente non li sa comunicare. Chi scrive si interessa di biologico da circa 30 anni ma ha sempre scritto di farlo non per ragioni ideologiche ma per pura, ipocrita e pelosissima opportunità di mercato. Chi non credeva al bio venti anni fa adesso magari il bio lo vende non potendo ignorare un mercato che dal 2000 è in crescita a doppia cifra in tutto il mondo. L'Italia è paese pioniere non solo per il bio ma anche della tutela dell'ambiente e del paesaggio.
Tanto per fare un esempio: le leggi di tutela del paesaggio di alcune regioni (es. la Toscana) hanno fatto scuola nel mondo e sono state bellamente copiate da americani e cinesi - poi noi invece spesso prendiamo per esempio il peggio. E' notizia di queste ultime settimane che proprio il Giappone ha preso come esempio l'Italia per le proprie politiche per il biologico: il Giappone (127 milioni di abitanti) ha una produzione bio di 1,6 miliardi di euro contro quella dell'Italia (61 milioni di abitanti) pari a 4,1 miliardi. In Giappone l'import di prodotti alimentari di qualità sta volando dopo gli accordi commerciali con l'Unione europea, entrati in vigore il primo febbraio. E da febbraio ad agosto l'export alimentare italiano è cresciuto dell'80% e quello agricolo del 18.
Per concludere il fervorino di morale.
Primo: un poco di più fiducia in noi stessi non guasterebbe. Secondo: il nostro obiettivo deve essere quello di rappresentare e produrre l'eccellenza.