A Fico lo scorso 29 agosto sono accorse, in un batter d'occhio, un paio di migliaia di persone (su una capienza di sala di 800 posti) per ascoltare Pepe Mujica.
Mujica è l'ex premier della Repubblica uruguaiana, un grande personaggio che nel giro di pochi anni è divenuto leggendario per la sua visione del mondo. Una visione disincantata, improntata al buon senso e alla sobrietà, virtù che egli pratica in prima persona con una vita esemplare, da attempato Cincinnato dell'era moderna.
Il tema affidato all'anziano ex rivoluzionario ed ex statista era "la mia agricoltura sostenibile", e Mujica lo ha affrontato da par suo. Dopo essersi compiaciuto per la forte presenza di volti abbronzati nella platea, concludendone di essere davanti a un gran pubblico di gente reduce dal lavoro nei campi (era ovviamente ironia, peraltro non colta da tutti), Mujica ha sostenuto: "L'uomo contemporaneo ha deciso di trasformare il nostro mondo in una gigantesca padella in cui tutti possiamo friggere, o in una gigantesca discarica dove gettare ogni tipo di rifiuto".
La soluzione appare ovvia. E' necessario adottare un sistema economico e tecniche sostenibili dal punto di vista ambientale e umano. Questo non significa tornare all'agricoltura dei nostri nonni ma implica piuttosto una svolta ragionata di cui la ricerca scientifica è parte integrante. Una ricerca sostenibile, non quella che favorisce i mercati e la competizione senza scrupoli. Mujica sostiene la necessità di una maggiore aggregazione fra i piccoli e medi agricoltori e una attività da parte dei consumatori per sostenere chi produce cibo di qualità.
"Lo sviluppo deve essere a favore della felicità umana, dell'amore, della terra, delle relazioni umane. Perché questo è il tesoro più importante che abbiamo. Quando lottiamo per l'ambiente, il primo elemento dell'ambiente si chiama felicità umana".
Secondo un filosofo francese chi tutte le mattine non ricerca per prima cosa la felicità è un cretino: considerazione banale ma da tener sempre a mente.