Poi c'è la partita europea, dove in alcune occasioni i titolari del dicastero di via XX Settembre hanno presto lasciato campo libero a viceministri, dirigenti ministeriali di prima e seconda fascia, che naturalmente, per quanto preparati, non hanno lo stesso peso sul piano politico del ministro. Raramente il contributo dell'Italia sulle principali partite comunitarie è stato decisivo per tutelare le produzioni agricole italiane. Il caso del riso è emblematico. Ma anche con l'olio - almeno finora - non sempre è andata bene. Per non dire dei rischi che sta correndo lo zucchero italiano, dopo la liberalizzazione del mercato dello scorso ottobre.
Concluso il mandato del ministro Maurizio Martina, che ha chiamato il successore per augurargli buon lavoro e gestire il passaggio delle consegne, ora tocca a Gian Marco Centinaio ricoprire il ruolo cruciale di ministro delle Politiche agricole e del turismo, delega che ha spiazzato qualcuno, ma che ha invece una sua logica.
Non soltanto per il background di Centinaio, un passato da manager nel settore dei tour operator, ma perché è logico che chi si muove in Italia per turismo cerchi un mix di sole, vacanza, cultura, storia, ma anche mangiare e bere bene. I dati dell'enoturismo, fenomeno in crescita e che vale oltre 2,5 miliardi di euro e coinvolge più di 14 milioni di appassionati, sono la testimonianza che ragionare per una promozione sinergica può essere solo vantaggioso. La Francia sta promuovendo da anni i propri distretti, i terroir; l'Italia nulla ha da invidiare ai cugini d'Oltralpe, che le ultime vicende di cronaca confermano essere molto selettivi su quanti possono soggiornare nel loro paese.
Una delle prime dichiarazioni del ministro Centinaio è stata: "Voglio fare un piano per vendere l'immagine dell'Italia in tutto il mondo". Come? Il portale Italia.it, che avrebbe dovuto promuovere l'Italia nel mondo è costato una fortuna e non ha mai svolto la propria funzione in maniera efficace. E anche in questo avremmo dovuto imparare qualcosa da Francia, Germania, Regno Unito, che hanno strumenti di marketing e storytelling, per abusare di inglesismi, alquanto efficaci.
L'Italia non è seconda a nessuno per arte, paesaggio, storia, cultura, agroalimentare. Non dimentichiamo che siamo i primi in Europa - e, di fatto, al mondo - per prodotti a Indicazione geografica. E possiamo contare su una cucina così varia e territoriale (oltre a 530 vitigni autoctoni) che davvero ci rendono l'Eden della biodiversità.
Italians do it better. Vale ancora? E in quali ambiti? Possiamo senza dubbio considerarci soddisfatti della crescita delle esportazioni, che nel giro di alcuni anni sono cresciute da 25 a 41 miliardi di euro. Ma siamo ancora lontani dai 72 miliardi della Germania, che pure ha una varietà di cibo molto più limitata. Eppure, quando vanno all'estero si muovono in maniera coordinata. È il Sistema Germania che si sposta, con imprese, assicurazioni, banche, piattaforme di logistica.
Mercati, serve una strategia
Ecco, al nuovo ministro dell'Agricoltura, Centinaio, vorremmo proprio chiedere se ha un piano - e le relative risorse - per sostenere l'export e l'internazionalizzazione. Il piano Calenda (perché è lo Sviluppo economico che dispone di risorse) ha portato sicuramente risultati concreti, ma non può bastare. Inoltre, non esportiamo solo beni e prodotti, ma anche know how. Che opportunità ci sono per chi esporta tecnologia o savoir faire italiano? E non dimentichiamo che validi strumenti di promozione del brand Italia ci sono anche in Italia e sono le manifestazioni fieristiche.Dazi e Ceta, qual è il ruolo dell'Italia?
Da cronisti, non possiamo trascurare la cronaca. Al recente G7 in Canada il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha avanzato la proposta di eliminare dazi, barriere e sussidi tra le sette potenze dell'economia mondiale. Qual è la posizione italiana? Potrebbe trarne vantaggio il made in Italy agroalimentare o sarebbero più i pericoli che si correrebbero da questa liberalizzazione?Peraltro, non è un mistero la posizione del ministro Centinaio sul Ceta. Di fatto applica uno dei punti del contratto gialloverde. Il Governo chiederà al Parlamento italiano di non ratificare l'accordo europeo, facendo così saltare il banco. Quali rapporti tenere col Canada, d'ora in avanti? E, soprattutto, chi dovrà negoziare: ancora l'Unione europea, che ha sacrificato l'agricoltura che produce specialty (come l'Italia), o dovrà essere direttamente la diplomazia italiana, attraverso accordi bilaterali? Quali altri trattati internazionali sono sub iudice da parte del nuovo Governo?
Pac, migranti e caporalato, quale strada seguire
Altra questione aperta: la Politica agricola comune. Lunedì 18 giugno a Lussemburgo è in programma il consiglio Agrifish. Sarà il debutto di Centinaio, che ha assicurato la propria presenza. Elegantemente, il ministro non ha sollevato critiche all'operato precedente, chiedendosi però se gli scarsi risultati ottenuti dal Governo precedente erano frutto dell'assenza del ministro delle Politiche agricole oppure dovuti a un atteggiamento dell'Europa di preclusione.Vedremo come si comporterà il ministro, se anche in questo caso come sui migranti, ci sarà un cambio di rotta. Qualora ci fosse - il tema è diverso rispetto all'emergenza sbarchi - valuteremo in quale direzione si muoverà il Governo di Conte e il ministro Centinaio.
Solo pochi giorni fa, va detto, in Francia il quotidiano Le Figaro rilanciava la proposta di "rivitalizzare, ristrutturare e sviluppare le filiere agricole locali" dell'Africa, declinando in maniera concreta lo slogan "Aiutiamoli a casa loro", caro a Salvini e ai nuovi inquilini di Palazzo Chigi.
In tema di immigrazione e agricoltura, poi, sarebbe curioso capire quale direzione prenderà la norma del caporalato. Centinaio l'ha bollata come inefficace e, alla luce degli affreschi di cronaca, risulta difficile dargli torto. Che cosa farà? Ci sarà un nuovo giro di vite oppure il Mipaaf valuterà con i sindacati dei lavoratori altre strade?
Tornando di nuovo alla Pac, il ministro Centinaio dovrebbe in futuro comunicare quali saranno le priorità individuate dal Mipaaf in caso di rinazionalizzazione della Politica agricola comune, soluzione che non piace a Paolo De Castro e a molti esperti del settore. Anche perché decidere quali filiere sostenere quando la coperta è corta e su quali segmenti produttivi scommettere di più, coniugando da un lato i bisogni del territorio e dall'altro le necessità imposte dal contesto economico globale, non è propriamente facile.
Clima e suolo, l'Italia deve dire la sua
Su scala internazionale il ruolo dell'Italia potrebbe essere determinante anche nelle future politiche legate alla lotta ai cambiamenti climatici. Anche il nostro paese ne ha fatto le spese e muoversi senza coordinamento con il resto - almeno - dell'Europa, sarebbe improvvido. Alla voce climate change rientrano a pieno titolo anche le questioni gestionali legate alle assicurazioni in agricoltura. Sicuro che sia tutto a posto?A livello nazionale, poi, c'è un'altra questione che andrebbe affrontata. Come coniugare la tutela del suolo da un consumo selvaggio e la necessità di creare reti e infrastrutture per sostenere gli scambi, la comunicazione e il commercio agroalimentare? La Spagna riesce ad arrivare in Germania e nel Nord Europa con la propria produzione ortofrutticola in metà tempo rispetto all'Italia, traendone enormi vantaggi.
Ogm, apertura inaspettata
Le prime dichiarazioni del ministro Centinaio in tema di Ogm indicano un'apertura francamente inaspettata, ma fondata su un sillogismo del tutto logico: se non posso seminare Organismi geneticamente modificati, ma li posso importare, l'incongruenza è evidente. Il titolare del Mipaaf dice: "Non sono per prendere decisioni di pancia, ma scelte supportate dalla scienza".Vedremo quali saranno le conseguenze, anche perché uno dei grandi nodi da sciogliere al ministero delle Politiche agricole, ma il tema riguarda tutti i ministeri, sono i vuoti che si creano fra le dichiarazioni di principio, anche contenute nelle leggi, e l'effettiva regolamentazione. Ad oggi sono innumerevoli i decreti attuativi mai emanati, gli annunci non seguiti ai fatti. Di esempi ce ne sono parecchi, a partire dalla mancata definizione degli imprenditori agromeccanici professionali, che da diciassette anni attendono di essere definitivamente inseriti nel comparto agricolo, al Testo unico del vino, all'enoturismo.
La Lega di Centinaio ha smorzato gli afflati autonomisti dell'era bossiana. Che sia giunto il tempo, come chiedono in molti, di avere anche una politica agricola e di sviluppo rurale nazionale più forte, che lasci comunque una discrezionalità alle regioni, ma imponga una maggiore uniformità fra esse nelle decisioni che richiedono omogeneità per via di tematiche comuni?