E' una notizia importante per tutto il comparto olivicolo oleario nazionale, perchè la produzione di olio di oliva da pressione in Calabria, pari in media a 106mila tonnellate tra 2011 e 2014, fa della regione la seconda produttrice d'Italia, dopo la Puglia.
La procedura prevede cinque mesi dalla data di pubblicazione della domanda, per permettere agli Stati membri di presentare eventuali opposizioni. Decorso tale termine, l’assegnazione del marchio sarà definitiva: la certificazione garantirà che la coltivazione, la molitura ed il processo di produzione siano realizzati interamente in Calabria.
Esulta Mario Oliverio, presidente della Regione Calabria e assessore all’Agricoltura “Il marchio premierà l’impegno, i sacrifici e la serietà degli agricoltori calabresi che producono olio di grande qualità".
Il marchio, spiega Oliverio, riconoscerà "l’eccellenza delle sue produzioni sul mercato nazionale, europeo ed internazionale. La certificazione, tra l’altro, tutelerà i consumatori dai preoccupanti fenomeni di frodi, poiché sarà garantita la tracciabilità su tutta la filiera produttiva”.
“La Regione Calabria – ha concluso il presidente Oliverio - anche all’interno del quadro dei sostegni comunitari, continuerà a perseguire politiche di rilancio della qualità, sostenendo l’aggregazione tra i produttori, favorendo l’aumento di imbottigliamento dell’olio calabrese e tutelando le eccellenze”.
Il presidente del Comitato promotore per il riconoscimento dell’Igp all’olio di Calabria, Massimino Magliocchi, ha affermato: “C’è la piena consapevolezza del pregio, utilità e valore strategico nell’imminente riconoscimento dell’Igp Olio di Calabria, un marchio che coinciderà con la nostra identità territoriale e che sia in grado di valorizzare la qualità e la specificità del nostro prodotto”.
“Il riconoscimento dell’Igp per il nostro Olio di Calabria rappresenterà, certamente, un concreto sostegno ad una delle nostre produzioni di eccellenza, che è da promuovere e sostenute sui mercati nazionali e internazionali" ha concluso Magliocchi.
Eppure, fino a qualche mese fa la Ue avea sbarrato la strada all’olio extravergine calabrese: in base al regolamento 1830, introdotto nel luglio del 2015, l’olio che in questa regione è ricavato prevalentemente dalla varietà di olive Carolea, la cultivar più rappresentativa della regione, che contiene acidi grassi (eptadecanoico, eptadecenoico ed eicosenoico) superiori al limite all'epoca posto dello 0,30%, senza possedere, in più, il requisito minimo di 1000 mg/kg di steroli totali.
I nuovi parametri di purezza declassavano, per piccole oscillazioni del secondo decimale, la pregiata produzione, da sempre riconosciuta e certificata per le sue proprietà organolettiche e chimico-fisiche come un’eccellenza del territorio, al punto di trasformare in rifiuto speciale tutto l'olio con steroli totali inferiori a 1000 mg/kg.
In pericolo c'era almeno un terzo del comparto calabrese: Coldiretti Cia e Confagricoltura temevano una perdita secca per agricoltori e imbottigliatori in una regione che vanta un eccezionale patrimonio olivicolo (33 varietà autoctone). Le reazioni di tutta la filiera olivicolo-olearia sono state immediate.
A cambiare il destino dell’olio extravergine calabrese è stata innanzitutto la reazione delle associazioni del settore (Aifo, Aipo, Assitol, Cno, Federolio, Unapol, Unaprol, Unasco), tempestive nel richiedere al ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina la rettifica dei parametri contenuti nel regolamento europeo.
In un documento congiunto specificavano che minime variazioni della composizione dei grassi “non incidono né sul livello qualitativo degli oli né sulla loro genuinità”. E suggerirono di modificare i limiti imposti innalzando a 0,50% gli acidi grassi, e abbassando a 900 mg/kg il valore minimo degli steroli totali. Decisivo il ruolo dell’International Olive Oil Council, che ha successivamente emendato la sua stessa decisione, alla quale era agganciato il Regolamento 1830/2015.