Castellucci, con il suo intervento, ha inaugurato nel migliore dei modi la terza edizione del master di Wine Export Management, che quest’anno ha visto un nuovo boom di iscritti, ben 80 per 25 posti disponibili. Nella platea del Palazzo della Ricerca e Conoscenza di San Michele c’erano anche molti corsisti provenienti dall’estero.
Dopo il saluto istituzionale del direttore generale della Fondazione Mach, Mauro Fezzi, Castellucci ha scattato una fotografia ad alta definizione del settore vino. Nel 2014, pur con un calo del 6% nei quantitativi rispetto al 2013, la produzione si è concentrata in Italia, Francia e Spagna, Paesi che hanno realizzato il 47% del vino mondiale.
“Ciò che conta veramente, più che gli ettolitri messi in cantina, è riuscire a venderli. Il vino, anche a causa del calo di consumi in Europa, è un prodotto destinato a viaggiare sempre di più: oltre il 37% della produzione mondiale viene esportata; siamo a quasi 100 milioni di ettolitri. Di questo quantitativo circa il 40% è costituito da vino sfuso che però rappresenta solo il 10% del valore dell’export”.
L’Italia fino ad oggi ha lavorato piuttosto bene sull’esportazione, ma c’è l’esigenza di investire di più nella commercializzazione se si vuole aumentare il valore aggiunto legato al vino, sfruttando il vantaggio competitivo garantito dall’ampissima gamma qualitativa che la Penisola ha a disposizione rispetto agli altri competitors.
“Il fenomeno spumanti ha dato nuova vivacità ai consumi e all’export. L’Italia, con il Prosecco, si è rivelata ancora una volta dinamica e tempestiva, ma il trend va consolidato e vanno studiati meglio fenomeni e potenzialità particolari, come quella di Singapore che, negli ultimi tre anni, è stato il principale importatore di Champagne destinato al continente asiatico”, ha aggiunto Castellucci.
Per quanto riguarda il Trentino l’esperto ha voluto sottolineare come il territorio sia stato sagace a cavalcare l’onda, raccogliendo i frutti di una produzione spumantistica di qualità e di un forte collegamento spumante-Dop, come nel caso del Trento. “Il passo ulteriore sarà quello di sfruttare l’effetto traino dell’immagine del Metodo classico anche per i vini tranquilli che già comunque godono di meritata notorietà, consolidando le sinergie delle varie componenti della filiera: viticultura, industria commercio e cooperazione, e dei singoli produttori tra loro. C’è da ben sperare perché in Trentino la cultura della cooperazione ha radici antiche e risultati visibili”, ha concluso il relatore.
Tutte queste tematiche da oggi, venerdì 30 gennaio, saranno analizzate approfonditamente nelle lezioni dell’executive master organizzato dal Centro di Istruzione e Formazione della Fondazione Mach e nei seminari Sami (iscrizioni ancora aperte al link).
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Fonte: Fondazione Edmund Mach - Istituto Agrario di San Michele all'Adige