Il pesante fardello fiscale, che va sotto la voce Imu, rischia di mettere in ginocchio l’intera agricoltura italiana.

Un rischio concreto, che ha convinto le organizzazioni agricole italiane a scendere in piazza e manifestare contro l’iniquità di questa manovra che, per la sola Imu, è stata quantificata in oltre 1,5 miliardi di euro.
Nella mattinata di martedì, davanti a Montecitorio, sono sfilati centinaia e centinaia di agricoltori, sotto i vessilli “sociali” di Confagricoltura, Cia e Copagri, per lanciare il loro grido d’allarme e sollecitare Governo e Parlamento a rivedere la stangata contenuta nel decreto “salva Italia”.

“Sarà pure salva Italia – ha commentato sarcastico un disperato agricoltore presente alla manifestazione – ma per noi, se non ci saranno ripensamenti, questo decreto sarà affossa-agricoltura. Questo è un accanimento fiscale, altro che manovra equa”.

In effetti, come hanno ripetuto dal palco i tre presidenti delle organizzazioni agricole, il settore già fiaccato dalla grave crisi congiunturale in cui si dibatte, dal rincaro dei carburanti al recente salasso dovuto alle perdite dei raccolti per il maltempo, non è finanziariamente in grado di assorbire questa ingiusta stangata.
 

“Quintuplicare la tassazione – afferma una nota congiunta delle tre Organizzazioni professionalisignifica mandare fuori mercato oltre 200 mila aziende. E’ questo che vuole il Governo Monti? Noi non ci stiamo e difenderemo fino all’ultimo il futuro delle nostre imprese. Siano disposti a credere in questo Paese, nella misura in cui questo Paese è disposto a credere nell’agricoltura”.

Il problema, hanno denunciato gli agricoltori, non è solo l’Imu. A questo conto già di per sé salato, va poi aggiunto quello dell’accatastamento che comporterà un esborso di altri 2-3 miliardi per l’accatastamento. “Chiediamo un adeguato ripensamento di tutta la manovra sull’agricoltura – hanno detto i tre presidenti Guidi, Politi e Verrascina - in maniera oculata, verificando l’impatto che avrà l’applicazione dell’imposta”.

Il testimone della protesta è passato questa mattina in mano alla Coldiretti che, nella stessa location - davanti a Montecitorio, dove il decreto approda dopo il via libera del Senato - farà sfilare i sui coltivatori. Il titolo di apertura della protesta è dedicato al falso pecorino di Stato (un vecchio cavallo di battaglia della Coldiretti contro i finanziamenti della Simest a un’azienda italiana che produce pecorino in Romania), ma sarà anche l’occasione - afferma un nota della Coldiretti - per denunciare gli ormai troppi casi di disattenzione e sottovalutazione da parte del Governo, come le sperequazioni determinate dall’Imu in agricoltura che aumenta in maniera maggiore per chi la terra la usa per vivere rispetto a chi invece la usa per hobby o peggio ancora per speculare.

Quello della staffetta, però, contrariamente a quella vera che nelle gare di velocità esalta il gioco di squadra, rappresenta invece una frattura, o quantomeno un raffreddamento della già fragile unitarietà sindacale.

La prima a muoversi, in modo auntonomo, infatti era stata la Coldiretti con l’annuncio della sua protesta; prese in contropiede, le altre tre Organizzazioni hanno deciso di giocare d’anticipo, con la manifestazione di martedì, convocata in fretta e furia nello scorso fine settimana.
Un vero peccato, visto che la situazione è veramente molto critica e un fronte più unito potrebbe dare una mano in più allo stesso ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, che in più occasioni non ha fatto mistero sulla sua contrarietà alla terapia fiscale d’urto riservata all’agricoltura, rinnovando il suo impegno per cercare i possibili correttivi. Purtroppo, anche in questa occasione, è tornato di scena sul teatrino dell’agricoltura il copione dei capponi di Renzo di manzoniana memoria.

Ma la vertenza agricola si sta allargando anche sul fronte più propriamente sindacale, dove c’è da registrare la decisione di Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil di proclamare lo stato di mobilitazione del settore e uno sciopero generale di 8 ore per il 22 marzo prossimo con iniziative in tutte le province davanti alle Prefetture.

La mobilitazione è stata decisa dopo l’annuncio del ministro del lavoro Fornero sulla riforma dei trattamenti di disoccupazione, che prevede l'eliminazione di quelli agricoli e l'introduzione di una nuova strumentazione che ridurrebbe sia il numero delle giornate indennizzate sia la contribuzione valida ai fini pensionistici.
I sindacati contestano questo annuncio nel merito, in quanto – sostengono - produrrebbe una “riduzione drastica” del reddito e dei contributi previdenziali per centinaia di migliaia di lavoratori, ma anche nella forma, visto che tale proposta è stata formulata senza aver consultato i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro.
“Per questo rinnoviamo la richiesta di un incontro con il governo”, conclude la nota, annunciando lo sciopero.