L’arachide è presente in forme diverse sulla tavola degli italiani, ma i consumi - anche quelli europei - sono coperti solo dall’importazione: la coltivazione, un tempo diffusa anche sul territorio nazionale, è stata abbandonata dagli anni ‘70 per problemi di meccanizzazione.
Assoarachidi, dopo un decennio di sperimentazioni, ha promosso la ripresa della coltivazione dell’arachide, offrendo un’alternativa agli agricoltori. Nel 2006 sono stati seminati 250 ettari, nelle province di Alessandria, Cremona, Padova, Rovigo, Verona e Venezia. Nel 2007 si prevede di estendere la coltura ad almeno 6.500 ettari.
La prima presentazione, con visita alle coltivazioni, è stata fatta il 6 luglio scorso, con interventi di Paolo Faella, Presidente Assoarachidi, Federico Martelli, responsabile Qualità, Nicola Faella, responsabile Tecnico, con il coordinamento di Marino Perelli, giornalista e agronomo.

Perché importarla?
In Italia la coltivazione dell’arachide iniziò nel 1870 nei dintorni di Valenza, ebbe un modesto sviluppo in seguito alla politica autarchica, ma si diffuse soprattutto nel secondo dopoguerra, raggiungendo un massimo di 5600 ettari nel 1961, in diverse regioni, dal Piemonte alla Sicilia, con un notevole sviluppo in Veneto ed Emilia. Successivamente la coltivazione andò gradualmente declinando, restando confinata solo negli orti familiari (ove la si può ancora trovare) a causa dell’elevato fabbisogno di manodopera per la raccolta, nel periodo di massima crescita dell’industria – e della relativa occupazione – in Italia. All’inizio degli anni ‘90 la coltura di pieno campo era praticamente scomparsa dal territorio nazionale, come pure dagli altri due Paesi europei che la praticavano, Spagna e Grecia.

Il mancato decollo nella meccanizzazione della coltura è in realtà ingiustificato, dato che le attrezzature per la raccolta erano disponibili negli Usa negli anni ‘60 e venivano già ampiamente descritte nei testi universitari italiani all’inizio del decennio seguente.
Ma se la coltivazione è scomparsa, il consumo è aumentato ed ha superato nell’Unione europea le 600.000 tonnellate (30.000 in Italia), tutte di importazione, prevalentemente da Usa e Argentina.
A metà degli anni ‘90 Paolo Faella, agricoltore della Bassa Veronese, ebbe l’idea di riprendere la coltivazione dell’arachide, acquisendo le tecnologie statunitensi e importando le macchine necessarie. L’attività di coltivazione trovò fin dall’inizio un partner affidabile nella Lorenz Snack World (gruppo Bahlsen) di Bologna, industria di punta nella produzione di snack a base di arachidi.
La coltivazione è stata effettuata in pieno campo per un decennio, permettendo di affinare tutte le tecniche colturali, individuando varietà e modalità di coltivazione più adatte all’ambiente italiano. Oggi le modalità di coltivazione sono state completamente messe a punto e l’arachide può quindi tornare sui nostri campi.

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