"Le prospettive di crescita della produzione di biocarburanti in Italia è quanto mai reale. Tuttavia, serve una politica energetica decisa, in modo da superare le criticità del settore. Non dimentichiamo che fra le fonti rinnovabili, i biofuel sono gli unici utilizzati nei trasporti, ma sono l’unico segmento che non beneficia di sostegni pubblici".

E' questa l’analisi che Maria Rosaria Di Somma, direttore generale di Assocostieri, l’Associazione nazionale depositi costieri oli minerali, traccia alla vigilia del XIX° Isaf, il Simposio sul biofuel, in programma a Veronafiere dal 10 al 14 ottobre. Il direttore generale dell’associazione fondata nel 1983 e aderente a Confindustria parteciperà al workshop di martedì 11 ottobre (ore 14-18), dedicato a "Gli scenari e le opportunità industriali dei biocarburanti per trasporti in Italia: i biocombustibili liquidi e il biometano".

La fotografia del settore indica senza dubbio proiezioni di crescita. 

"Le aziende italiane hanno una capacità produttiva di biofuel pari a due milioni di tonnellate, contro una produzione effettiva attuale di 600mila tonnellate", spiega Di Somma.

Le potenzialità per sviluppare il settore sono dunque in premessa. Bisognerà, tuttavia, trovare una chiave per la competitività, in modo da invertire la rotta delle importazioni di biodiesel, negli ultimi anni salite in maniera considerevole. "Buona parte dell’obbligo di utilizzo di biocarburanti viene infatti soddisfatto con biodiesel proveniente da Paesi extracomunitari – osserva Di Somma - E questo per una politica di differenziazione dei dazi di esportazione, che determina una distorsione del mercato".

Dati alla mano, Assocostieri segnala che l’import di biodiesel sui volumi totali immessi al consumo è passato dal 29% del 2008 al 51 del 2010, con la previsione di arrivare addirittura al 70% nel 2011.

I Paesi che esportano in Italia sono quelli a maggior vocazione nella produzione di biocarburanti, come Argentina, Canada, Malesia, Brasile, Stati Uniti, in alcuni casi agevolati da dazi di export più favorevoli. Conviene infatti per l’Italia importare prodotto finito (e miscelarli successivamente) che non produrre biodiesel, su cui grava un’aliquota di tassazione maggiore.