Il calo delle superfici effettive è dovuto all'azione programmatoria e di controllo esercitata per regolare la produzione, ma è stato inevitabilmente acuito dalle complesse condizioni climatiche, visto il perdurare del maltempo con una primavera particolarmente piovosa e da una contrattazione non certamente favorevole alla produzione.
“Quella che una volta era una coltura da reddito – commenta Giovanni Lambertini, presidente della sezione di prodotto Pomodoro da industria di Confagricoltura Piacenza e di Confagricoltura Emilia-Romagna - sconta costi di produzione decisamente alti e che impongono rese molto elevate, al punto da rivelarsi remunerativa solo in annate agrarie perfette sotto ogni punto di vista ed il 2013, di certo, non lo è”.
Complici le abbondanti piogge della scorsa primavera che hanno fatto diminuire le superfici (-13% rispetto al 2012) con semine scalari e ritardate, si preannunciano rese per ettaro nettamente inferiori alla norma (75 tonnellate/ettaro) e un crollo qualitativo inevitabile.
“Il prodotto precoce è davvero scarso e naturalmente ci sarà un ritardo nella chiusura della raccolta – prosegue Lambertini – Probabilmente rischiamo di raccogliere con la pioggia e questo di certo non gioverà. Ulteriore elemento di aleatorietà, infatti, sarà l'andamento climatico di settembre, visto lo spostamento in avanti delle raccolte di almeno una quindicina di giorni e le prospettive di una maturazione del 60% del prodotto a settembre, situazione del tutto diversa rispetto agli anni scorsi quando a settembre in campo c'era il 35-40% del prodotto”.
Intanto produrre pomodoro da industria costa sempre di più: circa 5.300 euro per ettaro. E i costi di produzione (fonte Ismea) sono lievitati sensibilmente negli ultimi anni, tanto che rispetto al 2012 produrre pomodoro costa mediamente un 3% in più e rispetto al 2011 ben l’8%.
“Ecco perché il prezzo attuale non può ritenersi remunerativo – prosegue Lambertini - in quanto consente marginalità inferiori a quelle dello scorso anno e di due anni fa. Il risultato è che, anche nelle migliori ipotesi produttive, il reddito ricavato dalla coltura sarà inferiore di un 12-15% rispetto al 2011, con un pareggio dei costi nelle situazioni più privilegiate".
"Il pomodoro da industria – conclude Lambertini - resta però in prima fila per la valorizzazione di un settore strategico per l'economia italiana: produzione e trasformazione sostengono l'economia del nostro Paese, creando occasioni di lavoro per un'intera filiera e portando il marchio del made in Italy di qualità nel mondo".
Lambertini ha concluso auspicando che "gli indirizzi politici siano coerenti con questa considerazione di fondo. Se il sistema deve reggere, serve poi una maggiore valorizzazione della filiera e più equilibrio tra gli attori evitando che l’anello più debole, la produzione, ne risenta sempre originando l’ovvia conseguenza di abbandono della coltura ”.
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Fonte: Confagricoltura Piacenza