"Goldoni Spa, parte del Gruppo Arbos controllato da Lovol Group, comunica di aver depositato il 14 settembre 2020, data di scadenza per la presentazione prevista dal Tribunale di Modena, il Piano concordatario relativo alla società. Il Piano - prosegue il comunicato stampa diffuso dalla proprietà il 14 settembre scorso - è stato depositato prima dell'incontro indetto dal Mise, previsto per il 18 settembre, perché se Goldoni non avesse rispettato tale scadenza avrebbe rischiato di fallire, alla luce della pendenza di un'istanza di fallimento nei suoi confronti".

Sempre dalla medesima comunicazione dell'azienda, ci viene chiarito che "il piano depositato al Tribunale di Modena è da considerarsi un piano 'base', che ipotizza la cessione degli attivi aziendali di Goldoni anche separatamente e non in continuità aziendale. Tale piano, tuttavia, potrebbe costituire il punto di partenza per la realizzazione - in stretto coordinamento e sotto la sorveglianza degli organi della procedura - di un'operazione di cessione di un compendio aziendale omogeneo e in continuità, e in grado di consentire la piena valorizzazione degli attivi Goldoni e del proprio avviamento commerciale frutto di decenni di attività sul mercato".
 

Non è andata bene...

Dando uno sguardo alla cronaca locale a posteriori dell'incontro con il Mise avvenuto il 18 settembre scorso a cui hanno partecipato - tra gli altri - la presidenza di Lovol (in videoconferenza dalla Cina), la dirigenza italiana, il commissario giudiziale, i sindaci di Carpi e Rio Saliceto, le rappresentanze sindacali e Vincenzo Colla, assessore allo Sviluppo economico e green economy, lavoro, formazione della Regione Emilia Romagna, apprendiamo che la casa costruttrice cinese non ha dato risposte chiare ed esaustive sul destino di Goldoni e dei suoi 210 lavoratori ma nemmeno su quello di Arbos.

Durante l'incontro al Mise la proprietà ha comunicato di aver depositato in Tribiunale a Modena la richiesta di concordato liquidatorio nonostante la richiesta di non procedere ad atti unilaterali prima del tavolo del 18.
Sembra quindi allontanarsi la possibilità di un accordo volto alla continuità produttiva e occupazionale. Un comportamento definito da Vincenzo Colla "assurdo e incredibile" dal momento che, spiega l'assessore, il termine "concordato liquidatorio" in Italia significa chiusura.

Dure le parole del sindaco di Carpi, Alberto Bellelli, che ha sottolineato come al Gruppo cinese - per voce della sottosegretaria allo Sviluppo economico Alessandra Todde - sia stato chiesto di affrontare la questione non come una vicenda aziendale ma politico istituzionale. A pesare ulteriormente su tutta la vicenda è anche il futuro incerto di Arbos, l'altro ramo d'azienda da sempre definito strategico per la ricerca e lo sviluppo ma sul cui destino la proprietà non ha dato risposte.

Il prossimo passo sarà un nuovo tavolo - forse tra due settimane - per la cui convocazione il Mise ha richiesto che ci siano tempi brevi. Nell'attesa prosegue la mobilitazione dei lavoratori.