L'argomento, all'ordine del giorno ormai da settimane, è sulla bocca e nelle tasche di tutti. Le quotazioni delle materie prime alimentari hanno raggiunto il massimo dal 2011, e il rincaro dei prezzi dell'energia ha comportato ulteriori aumenti nei costi di produzione.
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Secondo Coldiretti "il risultato è un aumento dei prezzi alimentari a livello globale di ingente portata". Il balzo dell'inflazione nella zona Ocse infatti è ai massimi dal 1997. Anche l'indice della Fao è chiaro: a novembre 2021, rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, segna un +27,3%.
"Le imprese agricole sono alle prese con un'esplosione dei costi di produzione - osserva il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti - che, in assenza di interventi, rischia di avere un forte impatto sulle prospettive dei raccolti. Molti agricoltori stanno valutando di rinviare le semine o di modificare i normali assetti produttivi, proprio per le difficoltà che stanno vivendo. Al riguardo abbiamo chiesto un intervento al Governo nell'ambito delle discussioni in corso sulla Manovra".
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Nel dettaglio, a imprimere il cambio di marcia nell'andamento dei prezzi internazionali sono stati i cereali con un aumento del 23,3%, seguiti dai lattiero caseari con +19%, dallo zucchero con +40% e dai grassi vegetali che registrano un significativo +51,4%.
Come sottolinea Coldiretti, tra le varie cause all'origine di questa tendenza si possono individuare gli effetti dei cambiamenti climatici e l'emergenza sanitaria. A un calo di produzione per eventi meteorologici inaspettati o gravosi, alle limitazioni all'operatività dettate dalla pandemia da covid-19, alla successiva ripresa e alla conseguente maggiore richiesta di alimenti, si sono agganciate dinamiche di accaparramento e speculazione. Le prime attivate dai singoli Stati preoccupati di aumentare lo stoccaggio di materie prime per garantire l'alimentazione dei propri abitanti, le seconde poste in essere da attori finanziari spesso spregiudicati.
Alla luce delle criticità emerse nel periodo pandemico e post pandemico, va da sé che l'Italia avrà necessità di definire un Piano di Potenziamento Produttivo e di Stoccaggio delle principali materie prime quali grano e mais, sostiene Coldiretti, e a seguire, di varare l'atteso Piano di Proteine Nazionale per l'Alimentazione degli Animali negli Allevamenti con l'obiettivo di recuperare competitività rispetto alle realtà estere.
L'effetto domino dei rincari è giunto fino alle tasche dei consumatori, colpendole profondamente. I dati delle tabelle si sono riversati inesorabilmente sugli scaffali dei negozi generando pesanti conseguenze sugli esborsi di produttori, venditori e acquirenti. L'anello debole della catena, avverte Coldiretti, non diventino, però, gli agricoltori e gli allevatori. I prezzi a loro riconosciuti non dovranno scendere sotto i costi di produzione, ormai aumentati a dismisura. I rincari energetici, come già evidenziato, hanno condizionato tutte le fasi del ciclo produttivo degli imprenditori agricoli, passando pesantemente anche dall'imballaggio. Hanno intercettato e variato il costo della plastica, dell'acciaio, del vetro, del legno, della carta, del riscaldamento delle serre, dell'essiccazione dei foraggi, delle macchine agricole e dei loro pezzi di ricambio. Durante l'avvio delle operazioni di messa a coltura i coltivatori hanno già dovuto sostenere spese aumentate fino al 50% per l'utilizzo del gasolio necessario per l'estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione, senza contare l'impennata del costo dei concimi letteralmente volato alle stelle - fino al 143%, per l'urea - per via dell'aumento del gas necessario alla produzione dei fertilizzanti.
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Il quadro è complesso e molti operatori sono oggettivamente in difficoltà. L'intera filiera alimentare dovrà, secondo Coldiretti e la gran parte degli osservatori, assumere un atteggiamento di grande responsabilità, rivedere ruoli e distribuzione del valore, remunerando in modo più equo i lavoratori impegnati in agricoltura, industria e distribuzione.