Da almeno un paio di settimane abbiamo in punta di penna qualche cosa sul caporalato, visto l'impegno assunto pubblicamente da rappresentanti della Distribuzione moderna al recente salone Marca di Bologna.

Che recita: "A partire dal primo gennaio 2021 a tutti i fornitori agricoli diretti della distribuzione sarà richiesta l'iscrizione alla 'Rete del lavoro agricolo di qualità' promosso dal Mipaaf e istituito presso l'Inps. Non solo: anche i partner della Mdd (Marca del distributore), lungo la loro filiera di approvvigionamento, saranno chiamati a far sì che i propri fornitori agricoli siano iscritti alla Rete del lavoro agricolo di qualità".

Iniziativa più che lodevole. Il caporalato come qualsiasi forma di sfruttamento dei lavoratori è opera assolutamente vergognosa e indegna. Punto. Noi puntigliosi però ci sentiamo di fare qualche sommessa raccomandazione.

Prima: ricordiamoci sempre che è molto pericoloso entrare nell'ottica giustizialista secondo cui non esistono innocenti ma solo colpevoli non ancora scoperti. Fare agricoltura in Italia è difficile e nonostante questo grandissima parte delle aziende agricole rispetta le regole. Regole che vanno fatte rispettare, anche con durezza, dalle autorità. Stop.

Seconda: che questa iscrizione non diventi l'ennesima gabella burocratica pagata dalle aziende agricole.
Ci spieghiamo meglio: chi ha firmato l'impegno di cui sopra chiede e accolla regolarmente al produttore i costi delle analisi, delle certificazioni (es.global gap, brc, ifs etc etc.) poi tanti altri contributi di ogni genere e natura (scaffale, logistica, ristorni…). In sintesi: al produttore se va bene restano solo pochi centesimi. Ma spesso il prezzo pagato è al di sotto del costo di produzione. La lotta al caporalato si fa quindi pagando il giusto prezzo al produttore (magari attraverso accordi di filera) e non comprimendo il sistema con la propria forza contrattuale.

Terza: ricordiamoci che l'Italia è oggi sempre di più meta di importazioni da ogni dove, ma soprattutto da paesi dove produrre costa poco. Dove soprattutto la manodopera costa poco.
Chi mi assicura che dietro una fragola egiziana, una pesca marocchina, una nocciola turca non ci siano bambini che raccolgono per pochi centesimi all'ora? Chi mi assicura che dietro a quel prodotto super competitivo, preferito da quel supermercato al prodotto nazionale in ragione del prezzo, non vi sia il più bieco sfruttamento?

Quindi: benissimo la lotta al caporalato, se non vogliamo esser ipocriti dobbiamo però riconoscere che questa che va fatta reprimendo ma anche pagando il giusto prezzo e sostenendo la produzione nazionale.