Ecco cosa succede sul principale mercato del frumento duro del Sud: a Foggia nell’ultima settimana nulla è cambiato rispetto a quella precedente. Il valore all’origine del cereale fino resta ancorato a 225-230 euro alla tonnellata, così come rilevato da Ismea “franco magazzino partenza” anche il 12 settembre scorso. Prezzi all'origine che si pongono sempre al di sopra degli stessi valori rilevati alla Borsa merci della Capitanata: dove il grano duro fino nazionale all’ingrosso permane sui 220-225 euro alla tonnellata, alle condizioni di “franco partenza luogo di stoccaggio”. Resta da capire come spiegare questa tendenza, visto che a metà settembre si leggono gli stessi prezzi della seconda metà di luglio, con le ferie ormai archiviate da tempo.
Frumento duro, il calo delle importazioni
Potrebbe darsi che stia perdurando il calo delle importazioni e della domanda interna registrati da un lavoro di elaborazione dati del Centro studi di Confagricoltura, che risale al 23 luglio scorso ed è riferito al 2017. “Negli ultimi anni si è registrato un calo complessivo generalizzato delle importazioni italiane di frumento duro – è scritto nel documento -. Dopo il picco improvviso di importazioni nel 2014, quando si è toccato il livello di quasi 2,8 milioni di tonnellate importate, l’import è calato a poco più di 2 milioni di tonnellate nel 2017; con una flessione delle importazioni del 10% nel solo ultimo anno (vedi tabella)" specifica la ricerca.Eppure le importazioni dai dieci principali paesi fornitori, che da soli coprono il 90% circa delle importazioni nazionali di frumento duro, nel 2017 sono rimaste stabili: “Il forte calo nell’import dal Canada è stato sostituito da maggiori importazioni da altri paesi fornitori tradizionali come Australia, Francia e Kazakistan che hanno ciascuno quasi raddoppiato i loro rispettivi flussi di export" spiega lo studio.
Il calo del fabbisogno di grano duro in Italia
"In ogni caso, come dimostrano i dati sul bilancio di utilizzo del frumento duro di Ismea Mercati (vedi tabella successiva), il calo delle importazioni non sembra sia stato sostituito da un aumento di acquisti di prodotto italiano, quanto piuttosto da un calo del fabbisogno (consumo apparente)" conclude la ricerca.
Prezzo della semola in aumento, una doppia possibile lettura
C’è un altro elemento che al tempo stesso potrebbe essere considerato in contraddizione con l'ipotesi che tale tendenza di calo della domanda di grano duro sia ancora in atto o contribuire a corroborarla: Borsa merci telematica italiana, in una nota del 20 agosto scorso, nel segnalare una ripresa dei prezzi nel mercato all’ingrosso dei cereali, sottolinea come questa sia trascinata, oltre che dal riso "Dalla semola di grano duro (+2,9%) (…), in coincidenza con l’avvio della nuova campagna del grano duro".Due le spiegazioni possibili: forse sta per finire la stasi e la maggiore domanda di semola chiamerà una maggiore domanda di grano duro. Ma c'è un'altra spiegazione, di segno opposto: è possibile che i molini - i quali avevano innalzato le scorte di grano duro nei mesi scorsi - abbiano ora iniziato a cedere sul mercato la semola a quantitativi talmente bassi da ottenere così prezzi crescenti, continuando al tempo stesso a comprare quantitativi bassi di materia prima, per cautelarsi da una domanda effettiva di semola dei pastifici non più al top. Tanto è vero che i prezzi del grano italiano di quest’anno, a parità di periodo, sono ben al di sotto di quelli dello scorso anno.