C'è qualcosa che non va nell'agroalimentare italiano, che vale il 15% del Pil nazionale e registra record oltreconfine, ma non riconosce a chi lo produce la giusta remunerazione.

Un paradosso messo in evidenza dal presidente della Cia Umbria Domenico Brugnoni in occasione della 8° conferenza economica della Confederazione italiana agricoltori, riunita a Bologna.

"L'agricoltura è un settore trainante dell'economia nazionale e regionale, crea valore, ma questo non viene riconosciuto agli agricoltori" ha affermato Brugnoni.

Infatti, da un lato il comparto fattura oltre 57 miliardi di euro e dall'altro i redditi degli agricoltori calano dell'8% all'anno, un calo più alto della media dell'Ue dove la riduzione del reddito agricolo è circa del 2%.

In maniera simile, mentre le esportazioni dell'agroalimentare italiano superano record in continuazione, oltrepassando la soglia di 38 miliardi sui mercati stranieri, i prezzi pagati ai produttori nell'ultimo anno sono calati del 5%.

Non solo. Mentre il settore agricolo crea occupazione con quasi 1,2 milioni di persone attive, l'imprenditore agricolo perde un giorno di lavoro su quattro per assolvere pratiche e adempimenti burocratici.

Questa è una serie di esempi che, secondo i vertici della Cia, mostra una distorsione che va corretta, con interventi urgenti che finalmente restituiscano centralità all'agricoltura.

Per i rappresentanti della associazione di categoria è necessaria un'equa redistribuzione dei rapporti nella filiera e, allo stesso modo, va garantita una semplificazione burocratica e una migliore organizzazione commerciale del prodotto.

Per visualizzare il paradosso, sono stati fatti anche dei confronti materiali. Ad esempio per pagare un caffè al bar, l'agricoltore tipo dovrebbe mettere sul bancone 7 chili di grano, per un biglietto del cinema dovrebbe consegnare al botteghino 36 chili di patate, pagate alla produzione circa 24 centesimi al chilo, mentre al consumatore vengono proposte a 1,50 euro con un ricarico del 233%.

Gli esempi si possono fare anche sul piano della burocrazia. Per una pratica del Psr una azienda deve produrre circa 2 chili di documenti di carta, per vendere latte si devono superare sette procedimenti normativi e sostenere un costo di gestione amministrativa di circa 20mila euro l'anno.

Così la delegazione della Cia Umbria ha chiesto interventi urgenti per contrastare il crollo dei prezzi sui campi e individuare strumenti che riducano la forbice nella filiera agroalimentare tra i listini all'origine e quelli al consumo, dove in media per ogni euro speso dal consumatore, solo tra i 15 e i 18 centesimi finiscono nelle tasche dell'agricoltore.

A tale proposito, nella conferenza economica della Cia, è stato rilanciato il progetto del 'Network dei valori', un sistema per creare accordi sinergici tra l'agricoltura, l'artigianato, il commercio, la logistica e gli enti locali per costruire un percorso virtuoso intorno alle produzioni agroalimentari.

Una sistema per cercare di costituire delle reti d'impresa in grado di rendere trasparenti i processi di filiera dal campo al consumatore. Un sistema basato su un codice di tracciabilità, da apporre sulle confezioni dei prodotti per certificare il processo avvenuto all'interno di un accordo.

Secondo una prima valutazione della fattibilità del progetto, realizzandolo in tutte le regioni, secondo la Cia, si potrebbero recuperare circa 18 miliardi di euro a vantaggio degli agricoltori.