Lo confermano i dati pubblicati a Roma nel corso dell'assemblea nazionale Anabio-Cia dal titolo "Scommettere sul biologico come modello agricolo del futuro".
Negli ultimi dieci anni le vendite "bio" sono cresciute ininterrottamente, con un +20% nel 2015 e un +19% nella prima parte del 2016.
Al consumo la performance del settore si traduce in un fatturato pari a 2,1 miliardi di euro l'anno, che sale a 2,5 aggiungendo al conteggio la ristorazione.
Anche da un punto di vista strettamente agricolo il biologico nazionale avanza, con le attuali 50mila aziende "bio" in Italia che coltivano circa l'11% della Sau.
I motivi di una così repentina e massiccia conversione aziendale al biologico sono diversi e, al di là dei soliti motivi etici da sempre sbandierati dai più ma realmente tenuti in considerazione solo dai meno, comunque di origine reddituale: rispetto al convenzionale il biologico comporta in fase colturale un taglio di circa il 25% di energia necessaria e il prezzo medio alla produzione è nettamente superiore; nel 2015, ad esempio, il prezzo pagato ai produttori di latte convenzionali è sceso del 13%, mentre quello per il latte "bio" è aumentato del 14%.
Anche per quanto riguarda il grano duro, nella media dell'anno, il prezzo all'origine di quello convenzionale è cresciuto dell'8%, mentre quello "bio" ha guadagnato il +41%.
Da non trascurare, inoltre, gli incentivi che derivano agli agricoltori 'bio' dai Psr.
"Il sistema biologico - ha spiegato il presidente di Anabio Federico Marchini - è capace di dare risposte: ai consumatori che vogliono qualità e genuinità; al pianeta, in termini di salvaguardia dell'ambiente; agli agricoltori, per il giusto reddito".
"La crescita quantitativa dell'agricoltura biologica - ha aggiunto Marchini - crediamo che possa divenire un potente driver per tirare fuori dalle difficoltà l'intero settore agroalimentare. Ma per concretizzare questo obiettivo bisogna riorganizzare la rappresentanza politico-professionale del mondo produttivo, oggi troppo frammentata e dispersa in un numero eccessivo di sigle territoriali".
Secondo il presidente di Anabio, il Piano strategico nazionale per lo sviluppo del sistema biologico dovrebbe favorire la stipula di una vera e propria alleanza tra il modo produttivo e le istituzioni nazionali e regionali per favorire uno sviluppo del settore che sia armonico e coordinato e che permetta di raggiungere nel 2020 un incremento della superficie coltivata del 50% e un incremento del valore della produzione del 30%.
Forte di tali premesse, il presidente Marchini ha concluso chiedendo esplicitamente "al ministero delle Politiche agricole, alle Regioni e ai soggetti della filiera di scommettere sul biologico come modello produttivo dell'agricoltura del futuro in una logica di sistema".
Per il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino, affinché si arrivi a una reale affermazione del biologico e perché il Piano strategico nazionale diventi fattore di sviluppo per una nuova fase dell'agricoltura e dell'agroalimentare italiano, "devono essere portate a soluzione le questioni relative alla semplificazione legislativa e amministrativa. Allo stesso tempo devono essere potenziate le attività di ricerca e innovazione, che sono fondamentali per lo sviluppo del settore al fine di contrastare ad esempio i cambiamenti climatici, che causano diminuzione di produttività".
"Vi ringrazio per la vostra attenzione e sostegno a un comparto che sta crescendo", ha affermato il viceministro delle Politiche agricole, Andrea Olivero, invitando i presenti ad assumersi la responsabilità di "ulteriori sfide per garantire uno sviluppo adeguato del biologico".
In questo senso, ha aggiunto Olivero, "è molto importante mantenere il patto di fiducia tra aziende agricole e consumatori. A livello istituzionale, invece, continueremo a lavorare nei prossimi mesi per l'attuazione del Piano strategico, andando avanti sull'accompagnamento, sulle azioni di promozione e soprattutto su una revisione del sistema di controllo con meno burocrazia per le imprese".
Quali che siano i motivi dietro la crescita del biologico, sia in termini di richiesta di mercato che di produzione, rimane da sciogliere il nodo della questione dell'eleggibilità del biologico a modello produttivo generale futuro.
Se infatti è vero che le rese del bio sono in media del 25% inferiori a quelle dell'agricoltura convenzionale, in presenza di un tale gap difficilmente il biologico potrà candidarsi ad affrontare in maniera vincente la sfida del 2050, anno in cui si prevede un numero globale di bocche da sfamare intorno ai nove miliardi.