Secondo l'Ismea e l'Uiv, che hanno analizzato i dati di China Custom, i primi nove mesi del 2015 hanno visto un balzo in avanti delle import del 48% in volume, corrispondente di 1,3 miliardi di euro (+60% sullo stesso periodo 2014). A trainare la domanda di import sono i vini confezionati (+39%), che rappresentano il 73% a volume e oltre il 90% a valore. Buono anche l'incremento della richiesta di sfuso, mentre diminuiscono gli spumanti (-7%).
Per quanto riguarda il vino italiano in Cina, l'import è cresciuto del 20% in valore e del 14% in quantità, a fronte di aumento del 57% e 37% rispettivamente di Francia e Spagna. Ottima performance per i vini imbottigliati italiani, che secondo fonti cinesi sono cresciuti del 23% in volume e del 27% in valore rispetto ai primi nove mesi del 2015. L'Italia risulta quindi essere il quinto fornitore di vino in Cina, con una quota di mercato che raggiunge il 2,5% in termini di volume e il 5% del giro d'affari complessivo realizzato in Cina.
“La crescita delle esportazioni italiane non è nè casuale nè episodica – sottolineano alcuni importanti operatore del settore interpellati da Uiv e Ismea – l'ottimo rapporto qualità-prezzo e la grande varietà delle nostre produzioni permette di rispondere a diverse esigenze e modalità di consumo dei cinesi e, in ultimo, la flessibilità e disponibilità delle imprese tricolori a creare vini con brand richiesti dai distributori, sono gli elementi di un successo commerciale di cui iniziamo ora a raccogliere i primi frutti. La crescita di conoscenza dei nostri vini da parte del consumatore cinese è solo agli inizi e va supportata con investimenti promozionali di “sistema” capaci di proseguire le attività di informazione ed educazione che, stando ai numeri appena pubblicati, confermano una strategia vincente di crescita destinata a proseguire in futuro”.
Fra i Paesi produttori beneficiari della crescita degli ordinativi dalla Cina sono state soprattutto le produzioni dell'Emisfero Sud del pianeta, Australia e Cile in testa, che hanno registrato record di fatturato, rispettivamente +123% e +71% rispetto al periodo gennaio-settembre 2014. Gode certamente in primis l'Australia, favorita dalla progressiva riduzione dei dazi negli scambi commerciali con Pechino, avviata nel 2015 con il Free Trade Agreement, in grado di azzerare le barriere tariffarie entro il 2019.