"Dopo aver chiuso il 2011 con un fatturato record di 23 miliardi di euro - spiega la Cia - Confederazione italiana agricoltori - anche quest'anno l'export agroalimentare mette il turbo: solo a luglio viaggia a una velocità più che doppia rispetto al complesso delle vendite oltreconfine (+4,3%)".
C'è però un "ma", nota la Confederazione: in questo momento l'80% circa delle esportazioni di cibo e bevande è costituito da prodotti dell'industria alimentare, mentre crolla l'export di prodotti agricoli freschi (-5,5% nei primi cinque mesi dell'anno). Colpa soprattutto dell'aumento costante dei costi produttivi e del parallelo calo delle quotazioni all'origine. Un binomio devastante che, quest'anno, ha addirittura scoraggiato molti a seminare, con una crescita del 6% circa dei terreni lasciati a riposo.
"Ma il problema dell'export agricolo è molto più grande e investe le politiche economiche nazionali - continua la Cia - L'agricoltura è spesso trascurata, quando non dimenticata, dalle istituzioni. Invece oggi occorre investire nel settore primario, nelle sue potenzialità anche oltreconfine. Bisogna rafforzare la capacità delle imprese agricole di esportare e di investire all'estero, creando strumenti normativi che le sostengano direttamente, semplificando e razionalizzando le risorse".
"Serve una politica di promozione efficace sulle vetrine internazionali che riporti i prodotti della nostra agricoltura sulla scia positiva del successo dei pasta, parmigiano e vino “made in Italy” nel mondo - conclude la Cia - E' molto importante soprattutto in una fase come quella attuale, in cui la domanda estera dà un apporto essenziale a sostegno del comparto agricolo e alimentare quando i consumi interni invece ristagnano".
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