La Coca Cola continuerà a rifornirsi di succo concentrato prodotto in Calabria, ma non ha alcuna intenzione di cambiare la ricetta dell’arancia Fanta (il marchio controllato), né di applicare sulle bottiglie un’etichetta con l’indicazione d’origine delle arance utilizzate per la produzione delle sue aranciate.

Più che il rombo dei trattori targati Coldiretti, fatti sfilare per le strade di Rosarno per protestare contro la multinazionale americana, ha potuto la moral suasion del ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, che ha chiesto alla delegazione della Coca Cola Company di non cancellare dalla lista dei suoi fornitori le arance italiane. Strappando una manifestazione di interesse – tutta da verificare - per un incremento dei rifornimenti sia in Calabria che in Sicilia.

“Abbiamo chiesto a Coca Cola di rimanere sul nostro mercato e l’azienda ci ha assicurato che intende farlo e che intende continuare a comprare in Italia tutte le arance che sono necessarie alla produzione dei soft drinks che vengono commercializzati dall’impresa in Italia”, si legge in una nota stampa diramata dal ministro al termine dell’incontro con i rappresentanti di Coca Cola Europa.
Inoltre, ha aggiunto il ministro, "ho appreso con soddisfazione che ci sarà, in futuro, un incremento nell’acquisto di succhi concentrati dalla Calabria e dalla Sicilia. Oltre a ciò, negli anni a venire, sarà adottata una contrattazione pluriennale tra le aziende, che darà modo ai soggetti a tutti i livelli della filiera di avere la necessaria serenità, senza il bisogno di rinegoziare annualmente prezzi e quantitativi”.

 

Prudente il commento dei responsabili della Coldiretti che, nella vicenda degli agrumi calabresi, aveva deciso di alzare la posta anche sui prezzi. “Registriamo positivamente la disponibilità di Coca Cola a continuare a lavorare con gli agrumicoltori della Piana di Rosarno-Gioia Tauro e a incrementare gli acquisti di arance calabresi con un approccio contrattuale pluriennale”, ha dichiarato il presidente di Coldiretti Calabria, Pietro Molinaro, al termine della mobilitazione promossa nella cittadina calabrese.
 

Ma resta aperto il problema dei prezzi pagati agli agrumicoltori, che non può prescindere, secondo il dirigente Coldiretti, dal riconoscimento dei costi di produzione e dalla remunerazione.
Tradotto in cifre, la richiesta è di almeno 15 centesimi al chilo, contro gli 8 centesimi pagati ora agli agricoltori.

Ma su questo fronte, i dirigenti della Coca Cola hanno risposto picche. L’unica apertura da parte della multinazionale riguarda la disponibilità per il futuro a firmare con i produttori contratti pluriennali "che possano facilitare competitività e qualità".

E la settimana prossima i dirigenti della multinazionale incontreranno gli amministratori locali calabresi.
"Siamo sensibili ai problemi strutturali della regione Calabria”, ha affermato Salvatore Gabola, direttore generale Affari pubblici per l’Europa della Coca Cola, precisando però che la decisione di continuare a comprare le arance di Rosarno non si deve tradurre "in un aumento dei prezzi, ma in un aumento della competitività".

 

Un problema, quello della competitività che, da ministro tecnico, Catania conosce molto bene e che intende approfondire proprio con verifiche in campo per cercare di accelerare, con l’aiuto di operatori e istituzioni, uno sforzo per riorganizzare la filiera e renderla più efficiente e competitiva, capire quanti passaggi avvengono dall'azienda agricola che coltiva gli agrumi fino alla società che acquista il succo, se e dove ci sono strozzature o speculazioni.

E il problema delle condizioni dei lavoratori extra-comunitari, una delle micce (assieme alla disdetta del contratto di fornitura con un’azienda locale che trasforma le arance in succhi) che aveva fatto esplodere il caso Rosarno?

Rientra nel più ampio progetto, di una "piena collaborazione per una effettiva ricerca di standard di produzione, raccolta e trasformazione rispettosi delle norme" sul lavoro ed etiche, con audit presso le aziende che forniscono il succo e controlli sui tempi dei pagamenti alle aziende agricole.