"L’Italia importa il 60% del proprio fabbisogno di grano tenero e si sta avviando ad importare quasi il 50% del grano duro. Siamo il Paese che fa entrare dall’estero quantità immense di cereali, circa 75 milioni di quintali, una cifra superiore persino alla stessa Cina". L’analisi, dai tratti allarmati, è del presidente di Italmopa, Ivano Vacondio. Il numero uno dell’associazione Industriali mugnai e pastai d’Italia, che aderisce a Confindustria, lancia l’allarme dal Siab di Verona, palcoscenico internazionale dell’arte bianca, in programma a Veronafiere fino al 9 maggio. "Ad aggravare la situazione, in futuro, potrebbe essere anche il nuovo corso delle agroenergie», aggiunge Vacondio, «che hanno spinto e spingeranno sempre di più gli imprenditori agricoli ad investire su produzioni cerealicole “no food”, già ampiamente incentivate, provocando di fatto un innalzamento dei prezzi sul mercato". Secondo il numero uno dell’industria molitoria italiana, "questo trend legato al cosiddetto kilowattora verde richiederà ulteriori importazioni dall’estero, una soluzione di non facile concretizzazione, viste le difficoltà logistiche dovute alla mancanza di strutture portuali e all’inadeguatezza di quelle ferroviarie, che già oggi mettono a dura prova le industrie di prima trasformazione". Italmopa, l’associazione che tutela e rappresenta le aziende produttrici di farine e semole, conta circa 5.100 addetti e 500 molini, dei quali 178 lavorano grano duro e hanno proiettato l’Italia, negli anni, al primo posto nel mondo per numero di impianti e capacità totale di macinazione. Il fatturato complessivo, poi, si attesta attorno ai 2,2 miliardi di euro. L’industria molitoria lavora ogni anno 10.990 tonnellate di frumento (5.800 tenero, 5.190 duro) e produce sfarinati per 7.800 milioni di tonnellate (dati 2005, fonte: Italmopa).