Il blocco delle esportazioni di bovini vivi dalla Francia desta molte preoccupazioni anche negli allevamenti italiani.

Una decisione che origina dagli episodi di dermatite nodulare bovina (lumpy skin disease) che i francesi non sono per ora riusciti a contenere come sperato e che si è estesa verso i Pirenei, come anticipato da AgroNotizie®.

La scoperta di nuovi focolai della malattia ha così indotto Annie Genevard, responsabile del dicastero agricolo francese, a prendere misure straordinarie, e fra queste il fermo dell'export di animali sino al 4 novembre.

 

Quali potrebbero essere le ripercussioni per la produzione di carne bovina in Italia lo si desume dai numeri delle nostre importazioni.

Ogni anno varcano le Alpi per raggiungere l'Italia circa 600mila vitelli francesi.

Un "fiume" di animali destinati alle nostre stalle dove completeranno la loro carriera produttiva.

Alla base di questo flusso di importazione la cronica carenza italiana di vitelli da destinare all'ingrasso.


Attenti ai rischi

Il 4 novembre è relativamente vicino, ma le conseguenze rischiano di essere pesanti, specie se sarà necessaria una proroga.

Si spera che le autorità sanitarie francesi riescano a contenere l'avanzata del virus, consentendo la riapertura delle frontiere.

Resta però alto il timore per i rischi che si corrono nell'importare animali che provengono da aree dove vi è un'importante circolazione del virus della dermatite nodulare.

 

Un invito alla prudenza lo ha lanciato anche Giovanni Filippini, direttore generale Salute Animale del Ministero della Salute, intervenendo alla recente manifestazione fieristica Fazi che si è svolta a Montichiari, in provincia di Brescia.

I nostri servizi veterinari sono allertati su questo tema e pronti ad adottare le misure necessarie, ma tutta la filiera delle carni, allevatori in testa, è invitata alla massima attenzione.


Alta la guardia

Va ricordato che la dermatite nodulare bovina non colpisce in alcun modo le persone, ma rappresenta un grave problema per gli allevamenti di bovini, come già AgroNotizie® ha ricordato.

Il ricorso alla vaccinazione, quando necessario, può rappresentare una valida forma di prevenzione della malattia, ma va accompagnata da investimenti nella biosicurezza degli allevamenti.

 

Gli episodi della malattia registrati in Italia hanno alla loro origine falle nelle misure di prevenzione.

L'ingresso di animali in stalla, pratica consueta negli allevamenti da ingrasso, deve avvenire solo avendo certezza dell'assenza del virus.

I controlli dei servizi veterinari sui flussi di import sono importanti, ma nulla possono senza la collaborazione degli allevatori nell'alzare i livelli di biosicurezza nelle loro stalle.


Le fragilità della "linea vacca-vitello"

Dalla dermatite nodulare bovina si può anche trarre un'utile indicazione sulle politiche da attuare per la nostra zootecnia da carne.

La cronica carenza di vitelli che affligge la filiera delle carni bovine va superata.

Una delle strategie possibili è quella della linea "vacca-vitello", sostenuta da tempo, ma mai pienamente realizzata.

 

Molti i suoi punti di forza, dal benessere animale alla valorizzazione dei terreni marginali.

Ma altrettanti i suoi punti di debolezza, al primo posto la bassa produttività e il forte impegno di lavoro.

Senza sostegni adeguati non potrà decollare davvero.

E intanto la produzione di carne bovina continua a scendere e oggi soddisfa appena il 40% della domanda interna. Occorre rimediare.

 

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