"Occorre arrestare il declino della produzione di grano duro italiano, se vogliamo garantire prospettive produttive e di reddito al centro-sud Italia e soprattutto tutelare il 'made in Italy' della pasta, dato che oggi l'industria è arrivata ad approvvigionarsi all'estero per il 50% del proprio fabbisogno ed è necessario salvaguardare l'utilizzo delle sementi certificate, strumento insostituibile per incrementare la produttività e il miglioramento qualitativo". Lo sottolinea il presidente di Assosementi, Paolo Marchesini, in una lettera aperta agli assessori regionali dell'agricoltura ed al ministro delle Politiche agricole, Romano, in vista della discussione sui pagamenti dell'art. 68 della Pac.

Assosementi precisa che dal 2004 la cerealicoltura italiana ha perso circa 685 mila ettari di grano duro, cioè un terzo della superficie, equivalente ad una produzione di circa 2 milioni di tonnellate di granella, quantitativo che a sua volta corrisponde ad un terzo del fabbisogno dell'industria molitoria nazionale. si è sopperito con acquisti all'estero, pregiudicando ogni legame con il territorio e la tracciabilità; inoltre si è avuto un danno al sistema agroalimentare dell'Italia mediterranea stimabile in 2 miliardi di euro in controvalore di pasta alimentare".

Impressionanti sono i danni subiti dall'industria sementiera nazionale, continua Assosementi, la quale ha perso il 65% delle vendite di seme certificato. Senza una produzione sementiera sana e senza ricerca varietale, mancano garanzie sul futuro della produzione di grano duro in Italia, tanto che le superfici investite a seme nel 2011, in funzione delle semine del prossimo autunno, sono addirittura crollate al 30% della superficie investita nel 2004.

"Per invertire la rotta chiediamo – aggiunge il presidente di Assosementi – di aiutare la filiera del grano duro dando piena applicazione al piano cerealicolo nazionale, ma soprattutto reintroducendo l'obbligo di utilizzare il seme certificato nel grano duro ai fini del pagamento del premio agroambientale dell'art. 68 della Pac. Questo comporterebbe un incremento dei costi di produzione di solo l'1%, ma i vantaggi che assicura all'agricoltore e soprattutto all'intera filiera in termini di identità e tracciabilità delle produzioni, non possono essere assolutamente contestati o respinti".

"Mentre in Italia assistiamo a questo pericoloso declino ed a sterili contrasti all'interno della filiera – osserva infine Marchesini – la Francia è stata invece capace di aumentare del 25% la superficie coltivata a grano duro, passando da 400 mila a 500 mila ettari, e di salvaguardare l'attività sementiera continuando a garantire un piccolo aiuto integrativo di poco più di 32 euro/ettaro agli agricoltori che hanno utilizzato seme certificato".

 

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