Diciassettesima e diciottesima vittima della revisione europea: Fentin acetato e Fentin idrossido.
I due celebri fungicidi per la barbabietola da zucchero, dopo esattamente trent'anni di utilizzo in Italia, non avendo superato i criteri della revisione europea, sono destinati a essere eliminati dal mercato entro e non oltre il 20 dicembre 2003.
Infatti le decisioni comunitarie n° 478 e 479 del 20 giugno 2002 (pubblicate sulla GUCE L164 del 22 giugno 2002) prevedono che gli stati membri revochino le autorizzazioni dei formulati contenenti le due sostanze (in Italia risultano autorizzati 18 prodotti a base di fentin idrossido e 14 contenenti fentin acetato) entro il 20 dicembre 2002, mentre le scorte potranno essere commercializzate appunto non oltre il 20 dicembre 2003.
Ma quali aspetti delle due sostanze attive sono risultati pericolosi, dopo 30 anni di utilizzo diffuso?
Per entrambi i principi attivi le cause che hanno determinato la loro revoca a livello europeo sono state la loro potenziale pericolosità nei confronti degli operatori e degli organismi non bersaglio.
A una lettura superficiale del provvedimento si potrebbe giungere a delle conclusioni estremamente preoccupanti: a seconda dei punti di vista, gli ambientalisti potrebbero sostenere che tutti gli stati membri hanno lasciato circolare liberamente per 30 anni due prodotti pericolosi per l'uomo e l'ambiente, mentre l'interpretazione opposta potrebbe considerare irrealistici i criteri che hanno giudicato pericolosi per l'uomo e l'ambiente due principi attivi utilizzati da così tanto tempo.
Dove starà la ragione?
Anche in questo caso il celebre proverbio in medio stat virtus e una più attenta analisi dei criteri utilizzati nella valutazione del rischio dei prodotti fitosanitari possono in qualche modo tranquillizzarci.
La valutazione del rischio dei prodotti fitosanitari in ambito europeo è, come più volte accennato su questo sito, a stadi successivi.
Ogni sostanza deve essere corredata da una serie di studi tossicologici ed ecotossicologici di base i cui risultati vengono inseriti in modelli previsionali, più o meno sofisticati, che sono una rappresentazione semplificata della realtà.
Gli algoritmi utilizzati sono tarati in modo così prudenziale che se una sostanza risulta "sicura" già al primo stadio, si ha la quasi matematica certezza che nella realtà l'utilizzo del prodotto sarà sicuro.
Quasi mai una sostanza è risultata "promossa" già al primo stadio. Se il prodotto non passa il primo livello di valutazione del rischio occorre effettuare degli studi sempre più dettagliati (e costosi) in condizioni sempre più vicine alla realtà.
Gli investimenti necessari per l'effettuazione di questi studi sono dell'ordine dei milioni di euro e spesso non vengono considerati economicamente giustificabili e, come è accaduto in questo caso, principi attivi anche molto conosciuti vengono abbandonati al loro destino.
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Fonte: Agronotizie