"Il decreto sul grano duro rappresenta un primo interessante segnale e un importante stimolo per organizzare le produzioni verso logiche di filiera, ma soprattutto riafferma il giusto ruolo che spetta al seme certificato in contesti che puntano a differenziare i raccolti per qualità e tracciabilità" ha dichiarato a questo proposito Franco Brazzabeni, presidente della Sezione cereali a paglia di Assosementi, l'associazione che riunisce le aziende sementiere italiane.
"L'auspicio è che il legame tra produzioni e seme certificato possa stimolare un cambio di mentalità e l'allontanamento di pregiudizi da parte del mondo agricolo sulla funzione di questo mezzo tecnico, il cui impiego ha fatto registrare negli ultimi anni una progressiva contrazione, ma che nonostante difficoltà e avversioni resta lo strumento principale per garantire al nostro mercato innovazione e nuove varietà migliorate" ha continuato Brazzabeni.
"La situazione del settore permane tuttavia molto preoccupante" ha aggiunto Brazzabeni.
"Vogliamo solo ricordare che il semplice incrocio tra i dati ufficiali pubblicati dall'Istat riguardo gli investimenti della campagna 2015-16 e i corrispondenti dati Crea-Scs sulla certificazione delle sementi, evidenzia anche per quest'ultima campagna un tasso di impiego di seme certificato che non arriva al 65%, quando invece l'accoppiamento degli aiuti sino ai primi anni Duemila ne aveva spinto l'uso nelle campagne del nostro paese sino a quasi al 100% dell'ettarato".
"Siamo consci che in un mercato globalizzato questa misura difficilmente potrà risultare decisiva ed assicurare da sola sufficiente marginalità alle aziende agricole" ha dichiarato Giampaolo Piubello, presidente della Sezione costitutori di Assosementi.
"Tuttavia siamo anche convinti che essa possa fungere da stimolo per qualificare meglio le produzioni in una logica di dialogo e cooperazione lungo la filiera, supportando al contempo quella strategica attività di ricerca e innovazione varietale sviluppata dal settore sementiero privato".