L'intelligenza artificiale? "È un'innovazione, ma dipende dall'uso che se ne fa. Ha la capacità di accedere in tempi infinitesimali ad informazioni, anche se è sbagliato chiamarla 'intelligenza'. Potrebbe essere utilissima per estrapolare dati utili, così da consentire all'uomo di fare analisi e trarre conclusioni".


Notizie e fake news, anche in agricoltura. "Oggi abbiamo a che fare con un numero elevatissimo di notizie, su una miriade di canali, ma non sempre riusciamo a distinguere il vero dal falso. C'è un costante rumore di fondo, che rischia di confondere, che ostacola le riflessioni, non permette alla politica di enucleare correttamente i problemi".

 

L'agricoltura? "Oggi è in difficoltà: l'agricoltura prospera in tempi di pace, non di guerra. Inoltre, c'è un livello di trasferimento dell'innovazione bassissimo: su cento innovazioni se ne trasferiscono tre o quattro; anche perché, se osserviamo il mondo degli agricoltori, in Italia appena il 7% ha un titolo di studio inerente all'agricoltura, contro il 19% in Germania e il 37% in Francia. Sono indici che denotano di per sé una maggiore difficoltà ad innovare".

 

La carne coltivata? "Come si combatte la fame? Io penso che si debba combattere con tutti i mezzi possibili. Per cui, prima di dire di no alla carne da laboratorio, studiamola. L'Efsa, nel merito, ha previsto un protocollo e prima di arrivare al consumatore devono essere superati tutti i punti, e sono ventisette o ventotto. La scienza deve poter progredire e valutare, altrimenti dovremo accontentarci di quello che dicono gli altri, perché la scienza non ha confini geopolitici. Dobbiamo fidarci della ricerca scientifica, se diciamo no a priori rischiamo di fare come con gli Ogm, che altri li coltiveranno e noi li importeremo".

 

E poi, l'attenzione alla divulgazione. "A breve pubblicheremo un volume ispirato al 2025 anno giubilare. Per questo il Consiglio Accademico ha pensato di proporre alcune letture scelte pubblicate da accademici negli anni giubilari fra il 1753 e il 2025, includendovi non solo gli anni giubilari annunciati e celebrati, ma anche i giubilei annunciati e non celebrati e i giubilei straordinari. Complessivamente saranno diciassette le letture contenute nel volume, particolarmente utili perché tratteggiano il quadro dell'agricoltura di venticinque anni in venticinque anni, così da comprendere l'evoluzione e i progressi compiuti in oltre duecentosettanta anni di vita dell'Accademia dei Georgofili, che non si è mai fermata nella propria attività di studio e di ricerca nemmeno quando venne chiusa da Napoleone per un anno e otto mesi, fra il 1799 e il 1801".

 

Sono alcune delle pillole tratte dall'intervista che ci concede il professor Massimo Vincenzini, presidente dell'Accademia dei Georgofili, la più antica istituzione accademica al mondo dedicata all'agricoltura, da sempre aperta al dialogo e al confronto.

 

Più che un'intervista, si tratta di una riflessione ad alta voce sullo stato dell'arte dell'agricoltura. E in questo, il professor Vincenzini si conferma un erede naturale del professor Franco Scaramuzzi, suo predecessore alla guida dei Georgofili come presidente (1986-2014) e poi come onorario fino alla sua scomparsa all'inizio del 2020. Anche in quel caso, l'occasione dell'intervista si trasformò in una lectio magistralis con poco spazio per le domande. E in entrambi i casi, allora come oggi, il messaggio resta chiarissimo: l'agricoltura merita attenzione, riflessioni, collaborazione fra mondo della ricerca, mondo dell'impresa e istituzioni.

 

Lavoratore instancabile ("cerco di inventarmi soluzioni nuove ogni giorno, prendo nota sui foglietti e poi mi presento in Accademia con una serie di pizzini", confessa), microbiologo per estrazione professionale (ha insegnato all'Università di Firenze e alcune delle sue ricerche finirono per innescare l'inchiesta "Brunellopoli", ci racconta), il professor Vincenzini pesa le parole e si rammarica per quel "rumore di fondo, che non permette di avere un quadro chiaro e completo dei diversi problemi che costantemente dobbiamo affrontare". Un rumore di fondo che, va precisato, è figlio dell'antiscienza e della disinformazione deliberata.

 

Partiamo dall'intelligenza artificiale. Il tema dell'innovazione resta cruciale in agricoltura e l'interesse per digitalizzazione, robotica, automazione, e ora anche l'intelligenza artificiale, è molto forte.

"Ci troviamo di fronte ad alcune incongruenze. L'intelligenza artificiale da un lato conquista gli agricoltori, che sono più che disponibili a lasciare il campo alle tecnologie digitali, dall'altro lato c'è un problema di scarsa preparazione fra gli operatori, che hanno anche un'età media particolarmente elevata. Come è possibile superare tale gap? E poi: dobbiamo temere l'intelligenza artificiale?", si domanda il presidente dell'Accademia dei Georgofili.

 

"Se l'intelligenza artificiale ha la capacità di accedere in tempi infinitesimali ad informazioni ed è in grado di mettere in fila discorsi che abbiano un senso e che in qualche modo siano adatti per come è formulata la domanda, siamo di fronte a uno strumento dalle grandi potenzialità, che tuttavia può anche essere pericoloso" frena il professore Vincenzini. "Però potrebbe anche estrapolare i dati che derivano dai rapporti ufficiali ed elaborarli per fornire informazioni utili per l'agricoltura, l'ambiente, in ambito medico, diagnostico e in molti altri campi. Se dovessi pensare a un aiuto che l'intelligenza artificiale potrebbe offrire in campo agricolo, direi l'interoperabilità, la possibilità cioè di far interagire i dati raccolti da mezzi e macchine che hanno software diversi e fra loro non riescono a comunicare".

 

Il messaggio è chiaro: "Apriamoci alle innovazioni, ma gestiamole". Corollario: "Necessario formare l'intelligenza artificiale e confidare su etica e lealtà nella gestione delle informazioni, perché i dati sensibili cominciano ad essere molti". E i giovani, se si parla di innovazione, dovrebbero essere in prima fila, anche per una naturale propensione alle nuove tecnologie, digitali e non.

 

L'intelligenza artificiale potrebbe essere altrettanto utile all'Accademia dei Georgofili, in particolare per valorizzare l'inestimabile patrimonio librario, documentale, di fototipi (oltre 151mila immagini!) che rappresentano ben oltre i duecentosettanta anni di storia dell'istituto fondato da Ubaldo Montelatici, dal momento che, confessa il presidente Massimo Vincenzini, "custodiamo manoscritti e pergamene anche del Trecento".

 

Fra convegni, dibattiti, aperitivi culturali e un sito che ospita contributi scientifici, ma comprensibili da tutti, l'attività dell'Accademia è intensa e, apparentemente, non disturbata da quei "rumori di fondo dove il rischio è che si mescolino il vero e il falso, il corretto e lo scorretto, con una disinformazione che a volte è interessata". Tuttavia, non è così: "Su questa scrivania cadono problemi di continuo e sono problemi non di poco conto", dice.
L'agricoltura "ha bisogno di pace, si arricchisce in tempo di pace, non in tempo di guerra". Ed è l'occasione per tornare sul "rumore di fondo che distrae e disorienta".

 

Emerge così l'attitudine del microbiologo al dettaglio invisibile a occhio nudo, quella precisione di fondo che ha spinto il presidente Vincenzini a sovrapporre due documenti ufficiali - l'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile voluta dall'Onu e il Green Deal proposto a fine 2019 dalla Commissione Ue presieduta da Ursula von der Leyen (al primo mandato) - e a esaminarne le incongruenze e le difformità.

 

"Agenda 2030 ha obiettivi al 2030, il Green Deal al 2050" riassume il professore Vincenzini. "Leggendo gli obiettivi di Agenda 2030, i punti 2 ('Sconfiggere la fame'), 6 ('Acqua pulita e servizi igienico sanitari'), 7 ('Energia pulita e accessibile'), 11 ('Città e comunità sostenibili'), 12 ('Consumo e produzione responsabili'), 13 ('Lotta contro il cambiamento climatico') e 15 ('Vita sulla terra') sono quelli che più stanno vicini all'agricoltura. Nel Green Deal abbiamo individuato cinque obiettivi in cui i titoli non si sovrapponevano e contenevano altri sotto obiettivi. Non sarebbe stato meglio farli coincidere ed esplicitare gli obiettivi comuni con azioni precise a livello europeo? Restiamo in Europa. Quando fu presentato il Green Deal, l'Unione Europea non presentò uno studio di impatto e venne messa in discussione per questo. Anni dopo, con il Regolamento sul Ripristino della Natura, era auspicabile che uno studio di impatto venisse pianificato, invece no. Mancano idee chiare".

 

Quale dovrebbe essere il ruolo dell'Accademia dei Georgofili, in uno scenario in cui persino le grandi istituzioni appaiono così poco coordinate fra loro? "Il ruolo dell'Accademia - spiega il presidente - è continuare a fare ricerca, comunicare i risultati anche attraverso il nostro canale georgofili.info, inviare gli studi in Commissione Agricoltura alla Camera, al Senato e in Europa. All'inizio del Terzo millennio l'allora presidente professor Franco Scaramuzzi ebbe l'idea di creare associazioni che riunissero associazioni con lo stesso scopo, a partire dall'Unione Nazionale delle Accademie per le Scienze Applicate (Unasa), che riunisce le accademie che si occupano di agricoltura, anche se non è l'unico loro obiettivo. Poi venne avviato il dialogo con la Ueaa, l'Unione Europea delle Accademie per le Scienze Applicate allo Sviluppo dell'Agricoltura, alla Sicurezza Alimentare e alla Tutela Ambientale, presente nei ventisette Paesi dell'Ue. Dobbiamo cooperare per dare più voce alla scienza ed eliminare quel rumore di fondo che non permette di discernere. Ecco, di nuovo, la necessità che le diverse accademie collaborino, scambino informazioni, anche se si occupano di discipline diverse, perché temi come la carne coltivata, le Ngt o, ancora, l'acqua, hanno bisogno di una visione scientifica condivisa, così da non cedere alle ideologie o alle posizioni interessate".

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La scarsa formazione e il trasferimento tecnologico non rimangono senza conseguenze. Rallentano il ricambio generazionale, provocano l'abbandono dei terreni marginali, indeboliscono la produttività. "Abbandonare un terreno agricolo periferico ha delle conseguenze" spiega il professor Vincenzini. "Il bosco avanza e con esso gli animali selvatici. In dieci anni gli ettari a bosco in Italia sono aumentati di 587mila ettari, che significa terreno coltivato che viene perso e non siamo di fronte al ripristino della natura, ma dobbiamo combattere con una inferiore gestione del territorio, con la diffusione di animali selvatici, con un incremento del rischio di incendi, che spalanca le porte ad altri rischi, come la dispersione di CO2 che viene accumulata in venti-trenta-quaranta anni e che a causa di un incendio viene liberata in atmosfera in uno o due giorni".

 

La speranza è nella ricerca, nel futuro, nei giovani. Ed è per questo che l'Accademia dei Georgofili punta a coinvolgere gli studenti, gli operatori, i giovani che si occupano di agricoltura. Trasmettendo sapere scientifico con parole semplici.