La Bielorussia reagisce contro l'Unione Europea, e blocca l'ingresso dei prodotti agroalimentari nel Paese. Un embargo di fatto, alimentato dalle tensioni politiche che in questo modo ricadono sull'agroalimentare europeo, e quindi italiano, e che sfocia in un braccio di ferro pronto a stritolare il commercio.
L'annuncio è divenuto realtà: dal primo gennaio 2022, in Bielorussia è scattato l'embargo sui prodotti alimentari provenienti da Paesi ostili alle politiche del presidente Alexandr Lukashenko.
L'elenco delle merci - spiega Coldiretti - è assai lungo e potrebbe estendersi ulteriormente.
Per il momento è rivolto a carni suine, bovine, a una serie di sottoprodotti, a insaccati, alla carne in salamoia, carne essiccata o affumicata, alla farina alimentare da carne o sottoprodotti della carne, al latte e prodotti lattiero caseari ad eccezione dei prodotti delattosati, alle verdure, alla frutta e noci, ai grassi e altri oli animali, ai dolciumi, al sale e ad altre merci. Come se non bastasse, a mettere in allarme i produttori del settore agroalimentare che rischiano perdite ingenti per un prevedibile e importante calo dell'export, c'è anche una complicazione del quadro: la cosa diventa ancora più preoccupante per via dell'approvazione di un Regolamento sulle quote per l'importazione di alcuni tipi di merci e, non ultimo, per l'annuncio di Lukashenko di voler dare comunque soddisfazione ai consumatori, offrendo alla domanda interna prodotti di fabbricazione bielorussa.
Va da sé che questo ultimo passaggio renda inquieti rispetto al probabile proliferare di imitazioni di prodotti made in Italy, già peraltro molto presenti in Bielorussia, sia per consumo interno sia per fornitura al mercato russo dopo l'embargo stabilito da Vladimir Putin nel 2014 come rappresaglia verso l'Ue per la decisione di applicare sanzioni nei confronti della Russia per la guerra in Ucraina.
Numeri alla mano, le ragioni dell'economia
Nel 2021, sulla base di stime di Coldiretti, le esportazioni di cibo italiano in Bielorussia hanno raggiunto un valore complessivo di circa 38 milioni di euro, con un aumento del 23% nei primi otto mesi dell'anno rispetto a dodici mesi prima.
Nel dettaglio, la Toscana sarà tra le regioni italiane più colpite dall'embargo - osserva la Coldiretti Regionale - dal momento che tra il 2018 e il 2019 le esportazioni verso la Bielorussia precedenti la pandemia avevano registrato una crescita del 40% e pur trattandosi di valori marginali rispetto alle esportazioni totali dell'area sono rappresentativi del crescente interesse per quel tipo di prodotti.
Esaminando i dati forniti da Assolatte, apprendiamo che negli ultimi cinque anni l'export lattiero caseario italiano in Bielorussia è cresciuto, in volume, del 164% (oltre 181 le tonnellate esportate nel 2020), e del 66,5% nei primi sette mesi del 2021. Si parla, dunque, di fette di mercato non molto ampie ma decisamente in crescita che vedranno il dissolversi di scenari promettenti, di volumi di traffico, di collaborazioni, e il vanificarsi di impegno e fatica fin qui profusi.
Sguardo alle ragioni della politica
Tra gli osteggiatori di un regime che limita oltremodo la libertà di stampa e di espressione, che reprime l'opposizione, che utilizza i migranti provenienti dal Medio Oriente come strumento di pressione alle porte dell'Europa, "invitandoli" in Bielorussia con visti turistici per poi dislocarli ai confini con la Polonia, Lettonia e Lituania, di un Paese che vede un presidente al suo sesto mandato grazie a elezioni viziate dai brogli, c'è anche l'Unione Europea.
Alle misure restrittive imposte gradualmente dall'Ue nei confronti del regime bielorusso a partire dall'ottobre 2020, all'indomani delle elezioni presidenziali dell'agosto 2020 considerate non libere e non regolari, si sono aggiunti nel tempo "pacchetti di sanzioni" sempre più stringenti. In data 2 dicembre 2021, la questione dei migranti mossi come pedine per l'attuazione di strategie geopolitiche ha spinto Bruxelles a varare il quinto pacchetto di sanzioni in risposta alle continue violazioni dei diritti umani e alla strumentalizzazione dei migranti ("Fifth package of sanctions over continued human rights abuses and the instrumentalisation of migrants").
Il rapporto di causa effetto è, dunque, molto chiaro. Nel corso della riunione del Consiglio Economico Eurasiatico Supremo (principale organo dell'Unione Economica Eurasiatica che vede riuniti Russia, Bielorussia, Kazakistan, Armenia e Kirghizistan) tenutasi lo scorso 10 dicembre in Kazakistan, il leader bielorusso ha lanciato la sua pronta risposta agli strali sanzionatori internazionali annunciando l'embargo su numerosi prodotti alimentari provenienti dagli Stati membri dell'Ue e da altri Paesi considerati ostili quali Regno Unito, Usa, Canada, Norvegia, Albania, Islanda, Montenegro, Macedonia del Nord e Svizzera.
La Bielorussia ha, dunque, reagito al pugno duro di Bruxelles ferendo l'Unione Europea nel florido fianco delle produzioni alimentari. Tra sanzioni e rappresaglie, come tante altre volte è accaduto, le tensioni politiche si abbattono sull'agroalimentare, già peraltro assai provato. Il braccio di ferro che stritola il commercio si gioca sul tavolo dei diritti umani e aggiunge povertà a disperazione. Diventa difficile, allora, fare il mero calcolo delle perdite, dei mancati guadagni, come in una ragioneria senza cuore, e lamentarsene, senza vedere cosa c'è sull'altro piatto della bilancia.