Basta compulsare le statistiche: l’Olanda è il più grande esportatore di materiale florovivaistico del mondo, ma oramai produce pochino, limitandosi a riesportare quanto prodotto da altri paesi (nel caso: la Costa Rica nel 2012 – ultimo dato - ha prodotto 43 milioni di oleandri distribuiti nel mondo soprattutto da olandesi).
La distribuzione viene effettuata dagli olandesi senza tanti scrupoli, ovviamente nell’ottica dell’every-day low price, avvalendosi anche e soprattutto della Grande distribuzione organizzata. I danni causati dai simpatici pannocchioni (sono quelli che sempre volentieri identificano l’Italia fra i paesi così detti Pigs, insieme a Portogallo, Grecia e Spagna) sono immani: per la Xylella si parla di 20 miliardi in Europa, di cui 5,2 in Puglia (dove si sono già ammalate 20 milioni di piante, con un danno anche paesaggistico e ambientale di tremenda quantificazione).
E qui veniamo al monito. Chi non è più giovanissimo si ricorderà che negli anni ’80 in alcune regioni si iniziò un grande lavoro per ricostruire le siepi attorno ai campi coltivati. Ovviamente le essenze (biancospini, ciavardelli etc.) mancavano e iniziò un'immane importazione, guarda caso, proprio dall’Olanda. La operazione fu bruscamente bloccata per l’arrivo nel Nord Italia dell’Erwinia amylovora, agente del colpo di fuoco batterico delle pomacee, temibilissimo e distruttivo patogeno.
La storia si può però ripetere: il sindaco di Milano ha annunciato alcuni mesi fa la volontà di volere piantare tre milioni di alberi nella città metropolitana entro il 2030. A Beppe Sala ha fatto eco, lo scorso giugno, il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, che a breve vuole piantumare 4,5 milioni di alberi in regione (uno per ogni abitante).
Attenzione, attenzione: che sia materiale nazionale o perlomeno controllato. Basta poco per causare danni epocali e passare alla storia come nuovi Attila.