Le imprese agroalimentari diminuiscono a livello numerico, ma sono sempre più solide, con più patrimonializzazione e meno indebitamento grazie a una redditività costante e positiva in un decennio di crisi per l’economia.
E’ questa la fotografia che si evince da uno studio di Nomisma per Agronetwork, realizzato su un campione di oltre 5400 bilanci di imprese di capitale operanti nel settore agricolo e agroalimentare.

La recessione ha ridotto di quasi il 20% il numero delle aziende agricole italiane, mentre nel caso dell’industria alimentare il calo è stato più contenuto (-2,5% fra il 2009 e il 2015), con riduzioni più elevate nel caso delle micro imprese. L’agroalimentare made in Italy è cresciuto in termini di valore aggiunto del 10% contro un calo del 2% del manifatturiero.

Sul campione preso in considerazione da Nomisma, la redditività, misurata come rapporto tra Ebitda e fatturato, è passata dal 7,8% del 2011 all’8,6% del 2016, mantenendosi costantemente al di sopra della media del settore manifatturiero. All’interno del settore il vino e il dolciario presentano performance migliori della media, mentre carni e lattiero-caseario sono risultati sotto la media.

A parte le grandi imprese, quelle con fatturato superiore ai 50 milioni di euro, che hanno utilizzato l’aumento dei flussi di cassa per fare investimenti – sottolinea Denis Pantini, responsabile area agroalimentare di Nomisma – la maggior parte delle aziende ha deciso principalmente di abbattere l’indebitamento finanziario ed accrescere la propria solidità patrimoniale”.

Le aziende puntano sempre di più sulla crescita dimensionale e sullo sviluppo di prodotti innovativi e sostenibili nonché sull'aumento delle vendite sui mercati esteri.
La maggior presenza sui mercati internazionali delle nostre imprese interessa ad oggi solo il 15% delle aziende agroalimentari italiane e vede una forte concentrazione dell’export sui mercati di prossimità – conclude Pantini – con valori di export ancora marginali sui paesi asiatici che però saranno quelli che in futuro cresceranno maggiormente sul fronte dei consumi alimentari”.