“Nelle prossime settimane – ha detto Perini nel corso di un incontro con l’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, alla cooperativa bresciana Agricam – presenteremo la domanda di un distretto cerealicolo, perché dovremo confrontarci sulle politiche dei prossimi 10-15 anni e sulle strategie necessarie per garantire al mais di restare sulla Pianura padana".
Capofila del progetto dovrebbe essere il gruppo cooperativo Carb, che comprende una galassia di realtà cooperative come Comab, Comazoo, Agricam, Comacer, Agrimais, Agricola, Santo Stefano, Copag, Copra, Comanove e Cosapam, con interessi dalla mangimistica alla produzione e stoccaggio di cereali, dalla commercializzazione di prodotti petroliferi ai mezzi tecnici, dalle macchine agricole ai servizi contabili e fiscali. Accanto a questi, anche il Consorzio agrario provinciale di Cremona, fra i pochi rimasti sotto la guida di Confagricoltura.
Conti alla mano, come puntualizza Perini, che di Fedagri è anche il vicepresidente nazionale, sono rappresentati circa il 35-45% della cerealicoltura – mais, frumento tenero e duro – della Lombardia, nella province di Brescia, Cremona, Mantova, Bergamo e Pavia.
Il passaggio auspicato è quello da commodity a specialty, privilegiando la qualità, le filiere territoriali, la sicurezza del prodotto.
“Memori soprattutto dei problemi che i cerealicoltori e gli allevatori hanno dovuto fronteggiare due anni fa con i problemi di don, micotossine e aflatossine”, sottolinea Perini.
In termini di superficie, la Lombardia nel 2012 ha registrato la presenza di 404mila ettari, fra cui 56mila ettari di grano tenero, 9.100 di grano duro, 215mila ettari di mais e una produzione complessiva di 3,46 milioni di tonnellate, pari al 18,6% del totale raccolto a livello nazionale.
Intervenendo sulla proposta di Fedagri, l’assessore Fava pone alcuni distinguo.
“Quando parliamo di cereali, però, è bene sapere che facciamo i conti con fattori esogeni – spiega – perché il prezzo non si fa a Montichiari, ma a Chicago, perché è una commodity, che segue le oscillazioni del mercato mondiale”.
Così, se la Pac a livello comunitario incentiva l’aggregazione e la formazione di organizzazioni di produttori e, dunque, la cooperazione, l’assessore Fava mette le mani avanti e specifica alcune distinzioni normative.
“Il distretto è una modalità aggregativa – riconosce – ma per legge non costituisce una priorità per accedere ai finanziamenti. Non vorrei che ci fossero sul tema aspettative che la Regione non è in grado di soddisfare. I vantaggi per un distretto ci sono se questo funzione autonomamente e se va incontro ai temi del mercato”.
La Lombardia, comunque, nel prossimo Programma di sviluppo rurale 2015-2020, già pubblicato sul sito www.agricoltura.regione.lombardia.it e in attesa dell’autorizzazione da Bruxelles, ha previsto per il comparto cerealicolo alcune misure di sostegno, anche alla luce del fatto che “una Pac negoziata dall’Italia in maniera balorda porterà un taglio dei contributi del Primo pilastro quasi del 50% sulla monocoltura”, sentenzia Fava.
Motivi per cui Palazzo Lombardia ha cercato di mitigare i danni con gli aiuti accoppiati e con misure di intervento sul mais e per favorire l’agricoltura conservativa: semina su sodo e minima lavorazione. “Nello specifico – anticipa l’assessore - abbiamo previsto un contributo di 240 euro all’ettaro per la semina su sodo e 55 euro per la minima lavorazione, che può contare anche su un premio aggiuntivo di 150 euro per ettaro”.